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Come Vincere le Ossessioni, il Panico, l'Ansia e Vivere al meglio la tua Vita.

Studio di Psicologia specializzato nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Attacchi di Panico, Giochi d'azzardo.

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Per costruire il vostro successo

15 Luglio 2009 di Dott. Mario Di Nunzio Lascia un commento

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Recensione del Dott. Di Nunzio Mario

Per costruire  il vostro Successo (di     Norman Vincent Peale)

Molti  non riescono nella vita unicamente per mancanza di fiducia in se stessi. Questi suggerimenti, frutto di una lunga esperienza, potranno  aiutarvi  a mettere in luce il meglio di voi.

Dopo aver ascoltato per 30 anni le confessioni di persone afflitte da guai  di ogni sorta, credo di conoscere bene tutti, o quasi tutti, i problemi che   angustiano l’ uomo su questa terra. Uno, però, è talmente comune  che lo considero  la malattia fondamentale dell’ uomo.  E’ il problema   della persona che non realizza appieno  le proprie capacità e che è perfettamente cosciente;  che è profondamente  infelice, ma che sembra  del tutto incapace  di fare qualcosa per rimediarvi.

Di solito al giudizio  di chi, come me   ha scelto il ruolo di dare consigli,le difficoltà  della persona  che gli siede di fronte non sembrano  mai così insormontabili: ma chi  vi è direttamente coinvolto è  invece sicuro di non potervi far fronte.  Per quanto sembri dotato  di un’ intelligenza normale, di un’ istruzione adeguata e di tutti  quei requisiti   necessari  per condurre un’ esistenza felice, è del tutto incapace di profittarne. La sua vita è come annebbiata, sfocata, priva di energia, senza scopo.

In tipi del genere ricorrono sempre tre  caratteristiche deleterie:  inerzia, mancanza di volontà, sfiducia in se stessi.  Una volta, mentre  passeggiavo in un parco  (ricordo era una giornata d’ autunno, e speravo di trovare qualche spunto per un  consiglio), mi imbattei   in un giovane che  rastrellava  le foglie morte in un prato. Lo conoscevo di vista e gli chiesi come se la passasse. Si strinse alle spalle. “Come vede, ho fatto ben poca strada” rispose.

“Dov’è che vorresti arrivare?”

Mi guardò scuro in volto. Poi disse: ”Magari lo sapessi !”

“Ma che cosa sai fare meglio? “

Scosse la testa : “Credo proprio di non essere bravo  a far niente.”

“ E allora, cos’è che ti dà più soddisfazione?”

Aggrottò la fronte. “Niente in particolare.”

“Senti” gli dissi “  ti ho fatto  tre domande  fra le più importanti che si possano rivolgere   a una persona  e tu  mi hai dato  tre risposte che  non dicono niente. Stasera, quando tornerai a casa , siediti  al tavolo, armato di carta e matita, e non  alzarti  finchè non avrai risposte alle mie domande. Troviamoci di nuovo qui, domani , alla stessa ora. Riprenderemo  il discorso che abbiamo lasciato in sospeso.”

Sembrava esitare, ma alla fine accettò. Quando c’incontrammo, il giorno dopo, mi disse  che gli sarebbe piaciuto svolgere  un’ attività manuale, ma non troppo impegnativa intellettualmente; che credeve di essere abbastanza tagliato  per la meccanica;  e che nella vita  sentiva soprattutto il bisogno di avere uno scopo, una via da seguire.  Poco tempo dopo  trovò  un lavoro  in fabbrica di   materiale edilizio. E’ diventato presidente  dell’ impresa  per cui lavora?  No, ma oggi è caporeparto e la sua vita  è felice e operosa. Aveva solo bisogno  di una spinta per smettere  di condurre  un’ esistenza  sbiadita.

Nel corso della mia vita ho conosciuto tante persone con problemi simili a quelli  sofferto  da questo ragazzo, e ho finito  con lo stabilire  una serie di norme per aiutare tutti coloro  che, giovani  o vecchi, sentono  il bisogno  di mettere  in luce il meglio di sè.  Queste norme, in tutto, si riducono a  otto, ma che costituiscono un metodo di autodisciplina alquanto  difficile.  Tuttavia, quelli che si sforzeranno di metterle in pratica,  diventeranno più  felici, più volitivi e più capaci.

1.     Stabilire in modo specifico la meta  cui si vuole arrivare.

Non  basta dire  “Voglio essere felice” o “Voglio far soldi” o  “ Voglio essere una persona migliore”.    Si deve stabilire  con esattezza ciò  che si vuole  e quando lo si vuole.     Bisogna dirsi   “ Voglio diventare infermiera diplomata entro tre anni”  oppure diventare   direttore commerciale di questa ditta, direttore  di quel giornale, addetto agli acquisti di quel grande magazzino, in quattro, cinque  o sei anni.

Un sistema pratico è quello di scrivere su un foglio di carta l’ obiettivo che ci si è prefissi e la data entro  cui  si intende raggiungerlo; sistemare  il foglio vicino al letto e leggerlo ad alta voce ogni mattina, appena svegli.  L’indeterminatezza è il segno inconfondibile di una mente  che non sa mettere a fuoco i  propri pensieri. Vale la pena di sbarazzarsene presto.

2.     Servirsi dell’ immaginazione per potenziare la volontà di riuscire.

E’ inutile  proporsi uno scopo se poi  non  si ha la ferma volontà di raggiungerlo. I sogni ad occhi aperti e i pii desideri non bastano; bisogna aver dentro di sé  un desiderio fortissimo e ardente. Nessuno però, dall’ esterno, può suscitarlo : bisogna crearlo  e alimentarlo da  soli con la costante , vivida immagine  dei benefici che si trarranno dall’aver raggiunto il traguardo. Chiedetelo pure a chiunque  sia riuscito  a eccellere in un qualsiasi campo. Vi dirà che la chiarezza di  propositi  e l’ intensità  del desiderio di  riuscire sono gli ingredienti principali  della formula magica  per il successo. Se non vi preme veramente di arrivare, non arriverete mai dove vi siete  proposti.

3.     Essere disposti a pagare il prezzo di ciò che si vuole ottenere.

Se lo scopo che si intende raggiungere è alto,bisogna esser  disposti  a pagare  un prezzo altrettanto alto. Lavorare sodo,correre rischi, far sacrifici, subire sconfitte  son tutte cose da mettere nel conto. Non sarà possibile concedersi il lusso della pigrizia o il piacere di distrazioni  frequenti. Quando  ci si propone  uno scopo,  gioverà ricordare  che se  non si è disposti  a pagare un certo prezzo  per  conseguirlo, sarà tutta fatica sprecata.

4.     Trasmettere al proprio inconscio gli impulsi giusti.

Questo è di vitale importanza. L’ inconscio è una grande dinamo, ma è anche un computer  che deve essere debitamente programmato. Se  all’ inconscio arrivano di continuo paure, ansie, previsioni pessimistiche è difficile  che esso risponda con qualcosa di  costruttivo. Ma se a livello  del pensiero cosciente  sarà  sempre mantenuto  un obiettivo  chiaro e distinto , è certo  che prima o poi  l’inconscio lo accetterà  e comincerà  a fornire al pensiero  cosciente progetti, idee, intuizioni e tutta l’ energia necessaria  per conseguirlo.

5.     Essere disposti ad accettare la sconfitta, ma  solo temporaneamente.

Un  tale  che  ha compiuto  uno studio approfondito  su alcune personalità  che sono riuscite a eccellere  in vari campi mi ha detto  di aver notato  che costoro avevano una sola qualità comune:  la tenacia.  Si riprendevano  e tornavano a lottare   anche quando  una lunga serie di avversità avrebbe indotto  la maggior parte  degli altri a darsi  per vinti.

Non molto tempo fa ho rievocato in un convegno  la storia di queste persone.  Nel ’31 gli affari gli andarono male e fallì.  Nel  ’32 cercò di essere eletto a una carica pubblica  e venne sconfitto. Subì  un nuovo rovescio finanziario nel ’34.  Nel ’41  ebbe un esaurimento nervoso. Sperò  invano che il suo partito lo nominasse candidato per l’ assemblea legislativa nel  ’43.  Nel ’55 si presentò alle elezioni  per la Camera alta e non riuscì ad ottenere il seggio. Fu sconfitto  di nuovo nel ’58. Era nato per perdere, dissero alcuni. Ma nel 1860 quest’uomo – Abramo Lincoln – fu eletto presidente degli Stati Uniti. Aveva saputo accettare la sconfitta, ma solo temporaneamente.

6.     Convincersi  che il pensiero può influire  sulla realtà.

Per la maggior parte  delle persone è molto difficile  capire  che la forza più poderosa del mondo  è un’ idea che abbia messo radici nella mente umana.

Eppure è così.

Non molto tempo fa, in Australia, ho conosciuto un uomo straordinario, un certo Bert Walton. Questi raccontò come per moltissimo tempo – a cominciare  dai  primi anni  di scuola, e poi in seguito sul lavoro – non aveva fatto altro che collezionare insuccessi. Dopo aver cambiato parecchi impieghi, alla fine aveva trovato  un posto alle dipendenze  della filiale australiana di una grande ditta straniera. Anche lì cose andavano di male in peggio, quando un dirigente  della casa madre  venne a parlare ai dipendenti  australiani. Fu proprio  una frase del suo discorso a fare su Walton un’ enorme impressione: Si può sempre  riuscire – se si è convinti  di poter riuscire.

“Tutto ad un tratto  mi resi conto  che la ragione  per cui non riuscivo  mai a niente  era la mia inveterata  abitudine a considerarmi un fallito”  mi disse.  “Era questa convinzione  a creare  quello stato di cose , e non il contrario. Perciò decisi  di cambiare  l’idea  che avevo sempre  avuto di me. Mi  dissi: -Sono certo di  poter diventare direttore  di questa ditta  per  la Nuova Galles del Sud. Anzi sono più che convinto  di poter diventare  direttore   per tutta l’ Australia.”  Mi ci volle  molto tempo e molta fatica,  ci furono molti contrattempi, ma finii  per diventarlo. Poi entrai nel ramo dei grandi magazzini, e mi dissi:  “Credo che potremo fare di quest’ azienda  una delle più importanti di tutta l’Australia.”    E anche questo finì per avverarsi.  Sono un uomo come tanti altri, ma avevo fatto mia un’ idea straordinaria  e a essa avevo tenuto fede.”                 Che cosa era accaduto a quell’uomo?    L’ idea, come uno specchio ustorio, aveva concentrato i raggi del suo carattere  su un obiettivo ben definito con tale intensità  che elementi  fino allora inerti erano come divampati. L’idea non  è nuova. Nella Bibbia è ripetuto   più volte:   “Abbiate fede,  e niente vi sarà impossibile.”  Una promessa  sconcertante, certo,  ma profondamente vera.

7.     Non mettersi mai in stato d’accusa.

Tempo fa venne a trovarmi  un tale   dicendo che voleva parlarmi. Aveva l’aria abbattuta e nella sua voce  c’era il tono dello sconfitto.   “Sono un commesso viaggiatore”   mi disse “ e guadagno abbastanza da vivere,  ma il mio è un lavoro senza importanza. Sono quasi sempre  angosciato e depresso. Mi può aiutare?”

“No”  gli risposi  “non posso  certo entrare  nella  sua testa  e rimetterne in sesto il meccanismo. Ma  forse  potrò suggerirle come, da solo,  lei potrà aiutare sé  stesso.  Anzitutto  non vada in giro con la schiena  curva in quel modo : cammini a testa alta. In secondo luogo, non disprezzi la sua professione. Nella nostra società i venditori  sono come  i cuscinetti a sfere sui quali si muove l’industria;  se non fosse per loro, l’ intero sistema  economico  si arrenderebbe. Infine, perché  non la smette di considerarsi un verme e non prova   invece  a ricordare  che è creatura di Dio? Lei è suo figlio. E se è vero, come è vero, che lei  è importante per il Signore, chi le dà il diritto  di andare in giro proclamando  di non essere nessuno?”

Continuammo a parlare  ancora per qualche tempo. Poi l’uomo  mi ringraziò  e  se ne andò, assorto nei suoi pensieri.  Spero che abbia imparato, o  almeno  incominciato a imparare, l’ importanza di non mettersi in stato di accusa.

8.     Non tarparsi le ali creandosi alibi.

Questo è tipico  delle  persone  che non sanno dare un senso alla propria esistenza. Non fanno che ripetere: “Non è il momento”  o “Non  ho le qualità necessarie”. Oppure  ricorrono ai  “se” :    “Se avessi più soldi, se fossi più colto…, se non fossi così legato…”   Gli alibi  continuano all’ infinito e non servono  che a rafforzare  le tre caratteristiche  negative  ricordate all’inizio:  Inerzia,  mancanza di volontà, sfiducia in se stessi.  Per diventare una persona che sa dare un senso alla propria vita bisogna bandire  le idee che tendono  in  un modo o nell’ altro  a limitarci.    “Non  credo nelle circostanze” disse   George   Bernard Shaw una volta. “Le persone  che fanno strada sono quelle che vanno in cerca delle circostanze   di cui  hanno bisogno e che, se non le trovano, se le creano.”

Platone ebbe a dire  che una vita senza autocritica  non è degna di essere vissuta. Questo  è vero oggi  come era vero  23 secoli fa.  Perciò sottoponiamo  a un esame  la nostra vita. E se scopriamo  che è priva di senso, decidiamo a darglielo.

Cominciamo oggi stesso.

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L’ansia generalizzata

30 Giugno 2009 di Dott. Mario Di Nunzio Lascia un commento

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Disturbo d’ Ansia Generalizzata

“Se  soltanto riuscissi a controllare la mia  Ansia! Sono molto brava a preoccuparmi”,  diceva Giusy.  “Se dessero un premio alla più grande preoccupata del mondo, lo vincerei di sicuro “.

I familiari  la prendevano in giro   chiamandola  “Signorina Preoccupazione”, ma  ultimamente  la sua ansia sfuggiva  al suo controllo : non riusciva a dormire , il cuore le batteva  all’ impazzata, stava spesso male di stomaco e il giorno prima era quasi svenuta per un capogiro .

Ogni tanto ci sentiamo un po’ ansiosi.  Qualche volta  è perfettamente normale  preoccuparsi  e persino  provare reazioni fisiche legate alla  preoccupazione.

Alcune  persone però si preoccupano  a tal punto  e provano  sintomi fisici  legati  alla preoccupazione tanto intensi da costituire   un vero e proprio  handicap emotivo  che impedisce loro di condurre una vita sana e felice.

Queste persone, sempre preoccupate, possono soffrire di una  patologia conosciuta  come  Disturbo da Ansia Generalizzata  (G A D).

Il G. A. D.  è caratterizzato  da due componenti principali. La prima è una irrealistica  o eccessiva  preoccupazione  o ansia  per un  elevato numero di attività, come una possibile disgrazia  a una persona  cara che non corre  alcun pericolo, o la  preoccupazione  immotivata  per le proprie finanze o per la sicurezza  del proprio impiego.

Nei bambini e adolescenti  questo disturbo può assumere  la forma di ansia  e preoccupazione  per il rendimento scolastico, atletico, e o per i rapporti sociali.

La seconda componente  del disturbo d’ ansia generalizzata  è una varietà di sintomi , per lo più fisici, spesso presenti nei momenti di ansia.

Essi comprendono  una sensazione  di debolezza , disagi muscolari,irrequietezza e facilità  a stancarsi. Altri sintomi  del disturbo  da ansia  sono la difficoltà  a respirare, il battito cardiaco  accelerato, o le palpitazioni, mani  sudate o fredde e umide,bocca secca, capogiri o sensazioni  di vuoto alla testa,disturbi gastrointestinali, vampate di calore o brividi, orinazione frequente.

Altri sintomi del G A D sono senso di agitazione o di nervi scossi, eccitabilità eccessiva,  difficoltà di concentrazione o di memoria, difficoltà a dormire, irritabilità.

Per rientrare nella sintomatologia di Ansia Generalizzata, devono essere presenti almeno tre  di questi sintomi, nei momenti di preoccupazione, e la persona deve averne sofferto  per la maggior parte del tempo  in un periodo di almeno sei mesi.

Fortunatamente, la maggior parte dei malati di disturbo d’ ansia  possono essere aiutati  con tecniche specifiche  di terapia  cognitivo-comportamentale, con l’ E M D R, Ipnosi con tecniche  EMDR ,tecniche di rilassamento per vincere l’ ansia o volendo andare ancora più lontano, alle radici del disagio, con le le costellazioni familiari. Quando è necessario, ossia quando  l’ansia è continua e molto elevata, è utile l’aiuto dei farmaci.

Ricordate, è meglio evitare tante sofferenze. Per affrontare questa patologia, che crea  sofferenza e restringimento dello spazio di vita, la  migliore  cosa è consultare uno specialista psicoterapeuta.

Altre notizie sull’ ansia:   Cosa fare con gli attacchi di Panico

Informazioni su come affrontare l’ansia: Per vincere l’ ansia- Esercizi
Informazioni su come affrontare l’ansia  e il panico: Come vincere l’ansia

Archiviato in:Psicologia

A cosa serve e come si fa un gruppo di COSTELLAZIONI FAMILIARI

22 Giugno 2009 di Dott. Mario Di Nunzio Lascia un commento

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A chi serve partecipare ad un GRUPPO di
COSTELLAZIONI FAMILIARI     e come si fanno?

Lo scopo di una COSTELLAZIONE è   quello di  scoprire le  dinamiche  nascoste e   i  blocchi, per riordinare i rapporti tra i componenti, ridando  a ciascuno la loro giusta  posizione all’interno del sistema.  Il vantaggio che ne deriva è che con poche sedute si può individuare  la causa di  un irretimento e ottenere l’ eliminazione  di un  nodo,una difficoltà familiare, il superamento di uno schema ricorrente, o una particolare situazione bloccata.

Questo in pratica porta ad un modo nuovo di affrontare la relazione sentimentale, ad un miglioramento e  alla risoluzione di problemi sul lavoro, ad un miglioramento del  rapporto con i dirigenti, con i capi, o con i colleghi  di lavoro.

Non bisogna avere perplessità o paura a richiedere la partecipazione  ad un gruppo di Costellazioni, perchè  si potrà anche capire la negatività con il denaro, lo sperpero, l’ incapacità o l’ ossessione all’accumulo,la cattiva amministrazione, o la tendenza irresistibile verso i giochi  d’azzardo ( inteso come forma di auto-punizione o auto-distruzione).

Come  e a chi può essere utile?

Partecipare ad un  gruppo di  Costellazioni Familiari significa rappresentare la propria  famiglia, attuale o del passato, allo scopo  di   risolvere e  superare una difficoltà relazionale, una incompatibilità, i    problemi e le incompatibilità con i figli.

A  capire e ad evitare che noi o elementi sensibili della nostra famiglia, per effetto del senso di appartenenza e dell’ amore verso la famiglia, soffrano e pagano un peso di errori commessi da altri (genitori, nonni, zii o antenati).

Insomma se c’ è qualcosa che non funziona in famigliia, per effetto di identificazioni  o per la legge di Equilibrio, la causa può essere altrove, NON  TUA, ma nel passato o in chi ha preceduto.

Con le costellazioni si rappresenta il proprio sistema familiare, per intero o in parte,per scoprire o per  risistemare un  modello negativo o l’irrisolto che si ripete.

Le Costellazioni Familiari  sono utili per:

* migliorare la tua relazione col partner e i figli;

* per gestire le separazioni, evitando problemi anche con  le nuove unioni;

* ad aiutare  i figli, naturali e adottivi;

* stabilizzare la vita affettiva;

* migliorare la salute;

* gestire conflitti in ambito personale e professionale;

* sanare ferite morali che si tramandano di generazione in generazioni

*  per capire il perchè di strani destini,

* malattie fisiche e / o psichiche che non guariscono o resistenti alle cure, forse  provenienti da  problematiche  non   risolte delle  famiglie d’ origine,

* rapporti problematici per difficoltà di distacco dai rispettivi genitori,

* rapporti difficili tra genitori e figli.

* i sensi di colpa e rapporti problematici o di distacco dai rispettivi genitori,

* litigi in famiglia per disaccordi o per le eredità,

* necessità di lasciare e accommiatarsi  dai familiari deceduti,

* Consulenza al Giudice e agli avvocati a chi affidare i figli .

Sul lavoro le costellazioni  sono utili ai dirigenti d’azienda, ad un dirigente sanitario, ad un dirigente scolastico.

Il metodo di lavoro delle Costellazioni si possono utilizzare, senza che i diretti responsabili sono presenti, anche per riconoscere e risolvere con successo le dinamiche negative nell’ambito lavorativo.

A titolo esemplificativo possono essere affrontati problemi come: abusi di potere da parte di colleghi, relazioni conflittuali fra colleghi, con il capo, i colleghi o i subordinati.

Si  possono fare costellazioni,  non solo di gruppo, ma anche individuali, anche per comprendere il motivo di scelte imprenditoriali costantemente sbagliate.

Questa metodologia si può proficuamente impiegare per prevedere progetti e obiettivi nuovi. Ad  esempio: cambiamenti lavorativi o avanzamenti di carriera che non si riescono a realizzare per difficoltà personali derivante dalla propria storia familiare.

Quindi, partecipare a GRUPPI di COSTELLAZIONI FAMILIARI ti servirà  nel lavoro per:

-esporre e svelare le dinamiche negative  esistenti in azienda,in ufficio e in  famiglia ,

-quando vi sono litigi aziendali, o mancati raggiungimenti di obiettivi prefissati,

-difficoltà (o resistenze)a far accettare cambiamenti o rispetto di misure di sicurezze.

Quando ricorrere alla tecnica di COSTELLAZIONI INDIVIDUALI ?

Magari quello che spaventa è il gruppo di persone sconosciute, o la non disponibilità di tempo. Ecco allora che possono essere utili le “Sessioni individuali”: un incontro con il solo conduttore, in cui si dispongono nello spazio non persone, ma oggetti, o pupazzetti che entrano comunque in relazione fra loro e con la persona che sta rappresentando.

Gli oggetti  possono essere piccoli personaggi di plastica che hanno le fattezze di uomini, oppure fogli su cui si scrive il nome della persona rappresentata,o altri oggetti simbolici.

Come in una Costellazione di gruppo, anche questi vengono disposti nella stanza o su un tavolo, e “si chiede loro ” come si sentono in quella posizione; si spostano, e si crea una nuova e più funzionale disposizione.

Le Costellazioni individuali sono utili per affrontare un problema di lavoro, un dubbio personale o una situazione di impasse. Spesso però servono ad aprire la via ai seminari, che rimangono un momento ideale per arrivare a comprendere più a fondo gli ordini fra genitori e figli, tra fratelli e tra componenti della famiglia di generazioni diverse.

Il gruppo aiuta a capire le profonde relazioni e i legami che si creano tra gli individui di una famiglia, ad entrare in contatto con la loro influenza e a radicarsi nella forza vitale trasmessa da generazioni.

Nel lavoro individuale, pur lavorando con il solo costellatore, si possono ottenere gli stessi risultati e, allo stesso tempo, può essere lo spunto per ampliare l’esplorazione della propria famiglia in gruppo.

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La timidezza

19 Giugno 2009 di Dott. Mario Di Nunzio 2 commenti

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LA TIMIDEZZA

By Dott.  Di Nunzio  Mario

La timidezza è una forma di ansia ‘sociale’ , generalizzata a molte situazioni.E’ un disagio o inibizione  nelle situazioni interpersonali che interferisce  al raggiungimento dei propri obiettivi  interpersonali e professionali.

Una tendenza  profonda a stare in disparte .

La Timidezza è una

-una inibizione del  comportamento;

–  un’ impossibilità  al comportamento;

– non sapere come comportarsi e paura di  emettere qualsiasi comportamento

– paura  di essere esposti al giudizio degli altri  e  non sentirsi accettato

-paura delle critiche

-esitazione   nel  fare delle scelte autonome  per  timore  di rimproveri.

Come conseguenza di queste difficoltà sociali si ha:

1.    Comportamenti di evitamento nelle situazioni sociali e lavorative in cui è implicato un contatto interpersonale significativo;

2.    Inibizioni  nelle relazioni intime per timore di essere umiliato o ridicolizzato;

Preoccupazione di  venire criticato o rifiutato in situazioni sociali;
Sensazione di essere socialmente inetto e incapace.

La timidezza   si manifesta secondo quattro livelli di azioni:

1.  Comportamento:   inibizione,passività,rigidità fisica,balbettio, nervosismo, evitamento dello sguardo;

2.    Reazione fisiologica : rossori, tremori, tachicardie,vertigini, sudori,senso di irrealtà, timore di perdere il controllo);

3.   Convinzioni : pensieri negativi  su di sé, timore dei giudizi  negativi da parte degli altri, ruminazioni,perfezionismo, atteggiamento caratterizzato dall’attribuzione dei propri insuccessi a cause interne a loro stessi: ogni volta che si verifica un fallimento  il timido  si condanna, si critica ferocemente e finisce con l’attribuirsi delle auto-valutazioni  negative stabili nel tempo;  bassa autostima ;

4.    Emozioni:  imbarazzo, vergogna, tristezza,solitudine, depressione, ansia.

Paradossalmente, uno psicologo e  un ingegnere del comportamento, che vorrebbe   progettare e realizzare   un comportamento di  timidezza dovrebbe:

-punire   sempre e   dare punizioni  in modo imprevedibile e  senza senso, in modo da togliere al soggetto qualsiasi certezza.

-le punizioni devono essere  date in modo da procurare ansia, molta incertezza,   in modo da  installare insicurezza.

-creare dipendenza  affettiva.

-punire   tutti i tentativi di iniziativa.

-prendere in giro continuamente sia  se il soggetto fa bene , sia se fa male.

-l’ ingegnere di questo folle comportamento non deve  incoraggiare mai, ma rimproverare sempre.

-il soggetto deve   disapprovarsi e condannarsi da solo, dopo ogni contatto pubblico.

-non deve  mai provare soddisfazione delle  cose che dice.

-deve assicurarsi che il soggetto  sia a disagio perchè non sa mai  cosa dire.

-che sia  a disagio  per  come si comport;

-che non sia   mai contento  del suo aspetto fisico;

-assicurarsi che si senta sempre a disagio e  fuori luogo

-assicurarsi  che  non si senta mai accettato  e, possibilmente, emarginato e rifiutato.

Queste sono le cause psicologiche della timidezza;  vale il contrario  per non far cadere in questa trappola.
Origini della Timidezza

Le cause della   timidezza sono sconosciute. Sono state fatte diverse ipotesi, ma non  ancora si è arrivati  ad una conclusione accettata unanimamente.

E’ stata, però, individuata  una predisposizione genetica e  familiarità:  genitori  timidi, poco comunicativi o inibiti   è molto probabile che trasmettono tali problemi ai figli.

E’ stata riscontrata una relazione tra le scarse abilità psicosociali e alcune caratteristiche del temperamento: l’umore nero, l’elevata intensità delle reazioni e la scarsa adattabilità.

Secondo alcune ricerche è stato trovato che la timidezza  sembra essere  un sintomo della fobia sociale  o una caratteristica  del carattere introverso, anche se   non sempre in  un carattere introverso     è presente timidezza.

Molto spesso  causa  di timidezza sono stati i  fattori ambientali ed educativi. Le inabilità  educative e familiari, le critiche frequenti, un ambiente  stressante  a scuola, le difficoltà relazionali con i genitori  sono  causa di difficoltà sociali .

Si è visto  anche che bambini che abitano  in ambienti isolati, come in casolari di campagna o nelle periferie dei centri abitati, ossia in ambienti poveri di  relazioni sociali,  hanno  difficoltà di  inserimento  nei gruppi scolastici o sociali, per carenza di sviluppo di abilità sociali. Si sentono tagliati fuori  anche perché avendo poche  conoscenze o amicizie, manca loro il tramite,  o l’ amico,per  l’ inserimento nel gruppo.

Come buona  pratica  educativa, un insegnante che ha in classe un bambino  timido e isolato,  che preferisce banchi  periferici o gli ultimi posti ,  anziché  “forzarlo  o accusarlo di vigliaccheria” può collocarlo  in banchi  strategici , verso i  primi posti, “ al centro o lungo le vie della comunicazione”. I  bambini più abili socialmente possono,  invece, occupare  posti  periferici, perché la loro comunicativa coinvolgerà anche il bambino timido.

L’atteggiamento degli insegnanti e dei  genitori   che appare migliore sembra essere supportivo ma non iperprotettivo,  in modo da incoraggiare  l’approccio di nuove situazioni e comportamenti.

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Le fobie

18 Giugno 2009 di Dott. Mario Di Nunzio Lascia un commento

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Le  fobie

Praticamente ogni essere umano ha delle avversioni  – o scarsa tolleranza – per specifici oggetti o situazioni. C’è chi non ama i luoghi affollati e la confusione, chi non si sente a suo agio nei luoghi chiusi o a grandi altezze, c’è chi preferisce non trovarsi nella situazione di parlare in pubblico, chi è infastidito dagli insetti, o dall’idea che vi siano topi o serpenti.

Quando qualcuna di queste avversioni diventa un vero e proprio spavento che spinge ad evitare in tutti i modi di venire a contatto con quegli specifici oggetti o situazioni, si parla di fobia.

Le caratteristiche fondamentali delle fobie sono:

1. Ansia anticipatoria di oggetti o situazioni specifiche.

2. Evitamento di tali oggetti o situazioni.

3. Intensa ansia, fino ad un Attacco di Panico, in caso di esposizione a tali oggetti o situazioni specifiche.

4. Interferenza significativa con la propria vita, fino ad una condizione di vera e propria impossibilità a condurre una vita normale.

Gli adulti si rendono conto generalmente che la paura rispetto a questi oggetti o situazioni è irrealistica o francamente esagerata. Invece, i bambini tendono a trovare delle giustificazioni “razionali” alle loro fobie.

Le fobie più note sono correlate ad animali (cani, gatti, topi, serpenti, insetti), all’ambiente naturale (altezze, mare), sensazioni fisiche (postura, dolori, fastidi), ai traumi fisici (sangue, iniezioni), situazioni specifiche (spazi aperti o , come le strade, le piazze, l’autostrada, la guida in automobile,es.: l’agorafobia), spazi chiusi o claustrofobia come l’ascensore, il traffico, la folla), l’esposizione in pubblico o Fobia Sociale come parlare in pubblico, confrontarsi con gli altri, fare esami, colloqui di lavoro, partecipare a riunioni, etc.).

Quando una persona fobica viene esposta alla condizione temuta, si manifesta ansia. Un soggetto  fobico tende pertanto ad evitare l’oggetto della fobia. Naturalmente la gravità della situazione è determinata non solo dal grado di ansia generata in caso di esposizione, ma anche dal tipo di fobia.

In città, ad esempio, la fobia dei serpenti è molto meno invalidante della fobia del traffico!

E’ frequente osservare che le fobie si sviluppino in seguito ad esperienze traumatiche (singole o ripetute) di contatto con l’oggetto o con la situazione. Tipiche sono le fobie di animali, spesso correlate ad esperienze traumatiche.

Altre volte, invece, non è dato rintracciare specifiche esperienze traumatiche, ma una sorta di “trasmissione” familiare della fobia, oppure una vera e propria simbolizzazione, tramite l’oggetto fobico, di paure personali relative ad esperienze precoci.

Interventi clinici sulle fobie

I disturbi d’Ansia sono tra quelli maggiormente responsivi ad una terapia psicologica di breve durata.

Uno degli errori più comuni è nel trattamento classico delle Fobie è costituito dal tentativo di risalire alla causa del medesimo onde interpretare il contenuto del processo Fobico .

E’ indiscutibile che esistono centinaia di possibili fobie specifiche legate a particolari oggetti o contesti ma il processo di base che ne determina la formazione e il mantenimento è sempre univoco. Circoscrivere l’oggetto fobico può servire allo psicologo solo ed esclusivamente per pianificare la direzione dell’intervento terapeutico, qualsiasi speculazione sui contenuti della Fobia è priva di efficacia clinica.

Dal momento che tutte le Fobie sono mantenute da un processo ridondante e disfunzionale di Ansia Anticipatoria e Evitamento Fobico, il trattamento mira a scardinare questi aspetti mediante l’uso di semplici prescrizioni ed esercizi: i tempi di intervento sono estremamente rapidi e garantiscono la remissione totale del sintomo anche se persistente da molto tempo (la “cronicità” del disturbo non è un indice della gravità del problema la cui modalità di organizzazione è sempre la medesima).

Come  fare per  affontare le fobie:   Non Arrendersi, non evitarle, in primis  leggi e segui gli esercizi riportati in :
Per vincere l’ansia
Poi, se necessario, vai da un terapeuta che ti aiuterà a risolvere il problema

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