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Come Vincere le Ossessioni, il Panico, l'Ansia e Vivere al meglio la tua Vita.

Studio di Psicologia specializzato nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Attacchi di Panico, Giochi d'azzardo.

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Psicologia

Cosa fare con gli attacchi di panico

3 Gennaio 2012 di Dott. Mario Di Nunzio Lascia un commento

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Tante persone sofferenti di ansia elevata si sono persuase che il loro male non può essere guarito e che gli attacchi di panico continueranno a tormentarli per sempre.

Ma solo  in una bassissima percentuale di casi ciò può essere vero. Questo dipende spesso da fattori collaterali, quali la depressione che cominciano a soffrire queste persone, o con attacchi di panico più gravi, con la frequenza più alta e soprattutto quando sono convinti di non avere  più speranza di guarire.

Alcune persone, tuttavia, hanno già avuto esperienza con terapie psicologiche senza che queste abbiano portato alcun beneficio immediato.
Si tratta per lo più di terapie a lunga durata.

Alcune  di queste terapie non sono focalizzate sul sintomo, per cui spesso le persone che soffrono di un problema così disturbante, come quello di panico, si trovano sconcertate a “girare intorno al problema”, ad abbandonare la terapia perché non preparate ad una revisione ad ampio raggio della personalità.

Più adatte a loro, esistono invece terapie più brevi, focalizzate proprio sugli attacchi di panico o crisi di ansia, come il respiro consapevole che portano direttamente al centro del problema molto velocemente, fin dalla prima seduta.

Una terapia  antipanico si basa su obiettivi pratici centrati sul problema, sulla individuazione delle paure più profonde e cercare da subito di avere accesso alle risorse personali.

Il primo passo fondamentale per superare le paure è riconoscerle.

Una persona che soffre di attacchi di panico ha paura, ma senza sapere bene di cosa.

Spesso l’oggetto della paura viene identificato dalle situazioni, dalle persone o dagli oggetti che la evocano (spazi aperti, spazi chiusi, gallerie, supermercati, lontananza da casa, auto, traffico, autostrada, etc.), ma in realtà la paura del panico deriva dalla paura di un attacco di ansia forte, di  avere il panico!

Una persona, in queste condizioni, vive evitando situazioni o eventi che possono causare un aumento di ansia o di paura.
La sua attenzione è  sempre attenta,tesa e desta per scoprire i segni fisiologici della paura.
Al primo apparire dei segni dell’ ansia, aumenta la paura perché questa quasi sempre è correlata a pericoli e minacce per la sua incolumità fisica, mentale e sociale.

Ad un livello più profondo, questa paura viene agganciata da pensieri catastrofici, come:paura di morire, di avere un grave malore, di svenire, di essere lasciati soli e senza soccorso, o dalla paura di perdere il controllo e di impazzire.

Queste paure possono esasperarsi dal timore di mostrare agli altri o di far vedere il proprio malessere, esponendo,così, la propria debolezza, fragilità, o incapacità.

E questo non lo sopportano.

La prima cosa da fare  è individuare con precisione le paure, per imparare ad affrontarle, in modo da poterle gestire in modo nuovo e più sano.
Imparare a calmarsi.

Non basta solo specificare e individuare le proprie paure. L’idea di andare in panico è talmente terrorizzante da scoraggiare molte persone a proseguire un percorso di  superamento  dei disturbi,  delle situazioni temute  e l’ idea di crescita. E’ indispensabile apprendere come calmarsi.

Spesso alcune terapie sono inefficaci in quanto non tengono conto del fatto che lo stato di allarme o di panico non permette nemmeno l’ idea di rilassarsi.

Una persona che teme di perdere il controllo, di impazzire, di essere preda di un impulso improvviso e di fare del male a se stessa e ad altri, difficilmente accetterà l’ idea del rilassamento  o di mollare il controllo.
Essi temono proprio questa evenienza,cioè  se si distraggono anche per un attimo può accadere l’irreparabile.

Temono che può verificarsi l’ azione incontrollabile che temono di più: far male a se stessi o a quelli che li circondano. La paura più grande è quella di fare del male alle persone a cui vogliono più bene.

La paura di perdere il controllo di questi pazienti è tanto forte, da non accettare  nemmeno di prendere i farmaci prescritti dal medico.

Temono che il rilassamento indotto dalla medicina, può causare un calo del controllo e quindi inaccettabile.

Apprendere a calmarsi implica la capacità di orientare la propria attenzione in modo netto e completo su sensazioni di sicurezza e capacità di uscire dall’immaginazione catastrofica.
Una persona con la paura di morire, di avere una grave malattia cardiaca o di altre gravi malattie, ha fissata la maggior parte del suo tempo la sua attenzione sui sintomi,o a temere malattie e fare molte visite mediche.

Accade frequentemente che chi soffre di questi problemi modifichi in modo significativo il proprio stile di vita, ridimensionando il proprio spazio di azione e la propria libertà.

-Il passo decisivo per superare il problema consiste nel riprendere in mano la propria vita. Se non riesci da solo, chiedi aiuto.
Anziché chiuderti in casa, soffrendo inutilmente senza fare nulla, devi prendere una sana e forte decisione: quella di guarire.

Deve informarti sulla natura del problema e studiare ciò che puoi fare da solo. Devi vincere le paure,le convinzioni errate che andare dallo psicologo è da pazzi e vincere i tabù che chi chiede aiuto è una persona debole
Devi cercare una persona competente  in grado di aiutarti.

Se necessario puoi rivolgerti all’ ordine professionale degli psicologi, dove puoi trovare l’ elenco degli specialisti esperti e preparati della tua zona.

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Come farsi scegliere dalla Fortuna

29 Dicembre 2011 di Dott. Mario Di Nunzio Lascia un commento

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Max Gunther

Condensato da ‘The Luck Factor’ 1977’ by Max Gunther

Come farsi scegliere dalla Fortuna…

Negli ultimi 20 anni ho rivolto questa domanda a più di 1000 persone: che cosa fanno i fortunati che gli sfortunati non fanno?

Le risposte mi hanno portato a concludere che cinque caratteristiche principali distinguono i fortunati dagli sfortunati. E sono convinto che moltissime persone potrebbero avere più fortuna se si preoccupassero di acquisire queste caratteristiche. Eccole:

1. Stringere molte amicizie In genere le persone più fortunate hanno molti amici e conoscenti.William Battalia, un consulente che procura dirigenti a imprese pubbliche e private e che pertanto fa la fortuna di molte persone assicurando loro impieghi assai redditizi,ha analizzato il concorso di circostanze che di volta in volta gli ha permesso di incontrare i candidati che andava cercando: nella maggior parte dei casi, li ha trovati grazie al loro giro di conoscenze.

“Le persone fortunate sono socievoli” dice Battalia.”Fanno di tutto per essere affabili.Parlano con gli sconosciuti.Sono sempre pronte a far parte d’un gruppo, a incontrarsi con gli altri, a far loro un’ accoglienza cordiale.In treno attaccano discorso con l’ uomo che siede loro accanto”.Lo psichiatra Stephen Barret afferma che i fortunati non solo hanno il dono di stabilire subito rapporti amichevoli con il prossimo, ma possiedono anche un certo magnetismo che attira le manifestazioni di amicizie altrui. Barrett lo definisce un ‘campo di comunicazione’. Egli è convinto che l’ espressione del volto,il portamento,il tono di voce, la scelta delle parole e lo sguardo creino un campo di comunicazione che gli altri avvertono chiaramente.

“Di solito sappiamo per istinto se riusciamo simpatici a qualcuno o no” dice Barrett. “Ci accorgiamo subito se una persona mai vista prima starebbe volentieri in nostra compagnia. Le persone fortunate emettono impulsi invitanti, che ci fanno sentire a ostro agio. “

Quanto più estesa è la nostra rete di amicizie,tanto più aumentano per voi le probabilità di trovare l’ occasione che aspettate. L’ attore Kirk Douglas, per esempio, riuscì a ottenere la sua prima parte di rilievo perché conosceva Laurenn Bacall,a quel tempo non ancora famosa. L’ attrice non era che una delle molte persone con le quali il giovane e socievole Douglas aveva stretto amicizia. Ma diventando amico di molti egli aveva accresciuto le probabilità di incontrare una Bacall capace di essergli di aiuto.

2. Rispettate le intuizioni L’ intuizione è una conclusione basata su dati di fatto da voi osservati, immagazzinati ed elaborati accuratamente, anche se degli stessi non vi rendete conto perché il processo di assorbimento è avvenuto a livello inconscio.

Il re degli alberghi Conrad Hilton doveva in parte il suo immenso successo a un finissimo intuito. Una volta partecipò alla vendita all’ asta di un vecchio albergo di Ghicago . Tutte le offerte, fatte in busta chiusa, sarebbero state aperte un certo giorno e, poco prima della scadenza, Hilton presentò la sua: 140 milioni e 250.000 lire.

Quella sera andò a letto con un vago senso di inquietitudine e si svegliò con il netto presentimento che la sua offerta non gli avrebbe fatto vincere l’asta. “Non mi sembrava giusta” disse in seguito. Ubbidendo a un’ intuizione, presentò un’ altra offerta: 153 milioni di lire. Fu la più alta. Quella immediatamente inferiore alla sua era di 152 milioni e 830.000 lire! L’ intuizione di Hilton derivava forse dall’ analisi inconsapevole che si erano accumulati nei recessi della sua mente. Hilton era diventato proprietario di un albergo in giovane età, e da allora non aveva fatto altro che imparare tutto quello che c’ era da sapere sull’industria alberghiera. Inoltre , al momento di sottoporre la sua offerta per l’ albergo di Chicago, conosceva di certo molte cose sui probabili competitori, anche se non riusciva a metterle completamente fuoco. Mentre formulava l’ offerta in base ai dati che gli erano noti, il suo inconscio frugava nella grande riserva di altri fatti e arrivava alla conclusione che quei soldi non bastavano per vincere l’ asta. Si fidò del suo intuito ed ebbe ragione.

Come si fa a sapere se ci si può fidare dell’ intuito? Dice una persona che se ne intende, un agente di cambio ora a riposo: “Mi chiedo: è possibile che abbia raccolto dati su questa situazione senza rendermene conto? Ho cercato di sapere tutto quello che potevo, ho fatto tutto il lavoro di indagine possibile? Se la risposta è positiva e sento che la mia intuizione è valida, la seguo . “

Due raccomandazioni. Anzitutto , non fidatevi dell’ intuito quando si tratta di lotterie o giochi d’ azzardo.

Non è possibile che le intuizioni emergano da una riserva di dati di fatto sepolti dentro di voi, perché in questi casi non esistono dati di fatto.

In secondo luogo, non l’ intuizione con la speranza. Molte intuizioni non sono che desideri sotto mentite spoglie .

3. Siate audaci. “La fortuna aiuta gli audaci “ dice il proverbio. E’ probabile che la fortuna generi audacia, ma è anche vero che l’audacia propizia la fortuna. Per agire da coraggiosi, seguiti questi consigli:

· Siate pronti ad invertire la rotta, a prendere una nuova strada quando vi si presenta una buona occasione.

· Sappiate distinguere tra audacia e avventatezza. Se rischiate tutti i vostri risparmi in un affare che vi sembra strepitoso correndo il pericolo di perdere tutto, questa è avventatezza. Se accettate un lavoro interessante, anche se v’ intimorisce il pensiero di avventurarvi in un campo nuovo, questa è audacia.

Il miliardario Paul Getty, uomo straordinariamente fortunato, prese e abbandonò più di una strada nei suoi giovani anni. S’ iscrisse all’ università con l’ idea di diventare scrittore. Poi decise di entrare in diplomazia. Finita l’ università, però si sentì attratto dal boom del petrolio nell’ Oklahoma, che stava facendo la ricchezza di suo padre. L’ industria petrolifera non era proprio la sua vocazione, ma il giovane Paul si sentì spinto ad accantonare la carriera diplomatica e tentare la sorte come prospettore petrolifero.

Mise insieme un po’ di soldi lavorando nei pozzi di petrolio scoperti da altri prospettori come lui. Il giovsne Getty era audace, ma non era avventato. Non s’ imbarcava mai in un’ impresa che, se fosse andata male, avrebbe comportato una perdita di denaro tale da metterlo in serie difficoltà. Le sue prime iniziative fallirono. Ma infine,nel 1916, trovò un pozzo che produceva in quantità. Fu il primo passo verso la ricchezza, e Getty aveva solo 23 anni.

Fortunato? Certo. Ma Getty meritava di esserlo. Aveva fatto tutto nel modo giusto. Come poteva sapere che il pozzo avrebbe reso bene? Non lo sapeva, benché avesse raccolto tutti i possibili dati di fatto. “ Un po’ di merito va ascritto sempre alla fortuna “ diceva “ e si deve imparare a credere in essa e ad accettare il rischio. SE uno vuole sicuro al 100 per cento finisce per bloccare il proprio spirito di iniziativa.”

4. Limitate le vostre perdite. Le persone fortunate abbandonano in tempo la nave che affonda. Può sembrare un’ ovvia misura di sicurezza, ma molti – gli eterni sfortunati – non imparano mai quando è il caso di prenderla. Quando ci si imbarca in un’ impresa nata male, c’è quasi sempre un momento – all’ inizio – incuise ne può uscire rimettendoci poco o niente. Ma quel momento passa in fretta. E, una volta passato, ci si trova dentro fino al collo , e a volte per sempre.

Battalia cita un esempio di sfortuna che si sarebbe potuto evitare. Un giovane chimico si era licenziato da una piccola impresa mineraria accettando un lavoro più redditizio in una grossa ditta cittadina. Sua moglie era convinta che facesse uno sbaglio e che non si sarebbe tovato bene in una grande città. Anche il precedente datore di lavoro pensa va che il giovane non si sarebbe adattato facilmente all’ ambiente di una grande impresa. Dopo qualche mese il chimico si rese conto che sua moglie e l’ ex principale avevano ragione. La vita nella metropoli non gli piaceva. Inoltre il lavoro e le prospettive erano molto diversi da come se li era immaginati. Sarebbe stato quello il momento di piantar tutto, ma il chimico continuò a sperare che dopo un brutto inizio le cose sarebbero andate meglio. Quando infine capì che le sue difficoltà non erano transitorie, ormai non poteva più disimpegnarsi.

’ difficile dire “Mi ero sbagliato “. Difficile rinunciare a qualcosa che ci è costata denaro, affetto, tempo fatiche,impegno. Tuttavia, come diceva Gerald Loeb, uno dei più abili e fortunati speculatori di Borsa dei tempi recenti: -“Capire quand’è arrivato il momento di vendere e avere il coraggio di farlo è essenziale per riuscire nella vita.”

Un banchiere svizzero divenuto miliardario con la propria attività riassume così la questione: -“Se fai il tiro alla funr con una tigre e stai per avere la peggio, molla la fune prima che la tigre ti azzanni il braccio. La fune puoi ricomprarla.” –

5. Preparatevi ad affrontare problemi. Quasi tutte le persone sono incline al pessimismo; lo difendono e lo esercitano per evitare che si intorpidisca.

Il pessimismo dei fortunati può essere sintetizzato così: “ Se qualcosa può andar male, andrà male.” Non presumere mai di essere il beniamino della fortuna. Non abbassare mai la guardia.

Uno studio compiuto in Sud Africa sugli incidenti in cui rimanevano coinvolti gli autisti di mezzi pubblici ha rivelato che i guidatori con un numero superiore al normale presentavano come tratto predominante del loro carattere un eccessivo ottimismo. Il cattivo guidatore aveva troppa fiducia nelle proprie capacità, nel buon senso e nella bravura degli altri automobilisti, e nella fortuna.

Le persone fortunate si rendono conto, molto più di quelle sfortunate, che nessuno è mai del tutto padrone della propria vita. Se insisti nell’ illusione di poterla sempre dominare, non ti prepari a difenderti dalla sfortuna, e quando ti colpisce, sei troppo demoralizzato per reagire in modo utile.

Le persone fortunate sono, per definizione, quelle predilette dalla fortuna, ma uno dei motivi di questa predilezione è che esse non presumono mai di esserlo.

Condensato da ‘The Luck Factor’ 1977’ di Max Gunther

By Dr. Mario Di Nunzio–www.psicologodinunzio.com

Archiviato in:Articoli divulgativi, Psicologia

Il senso di Autoefficacia

19 Dicembre 2011 di Dott. Mario Di Nunzio 1 commento

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L’ autoefficacia

Come funziona e come sfruttarla per raggiungere i nostri desideri

Iniziare una dieta, cedere di nuovo alle tentazioni del cibo o abbandonarla perché non si vedono subito i risultati, è triste e demotivante. E’ deprimente iniziare a smettere di fumare, non riuscire a resistere, cedere di nuovo al desiderio e mollare tutto.

Può capitare a tanti di noi di essere motivati a intraprendere un proposito di cambiare determinate abitudini, decidere di iniziare a fare un risparmio, di seguire un programma, di fare una dieta o di smettere di fumare. Inizialmente si parte molto decisi ma succede qualcosa, un cedimento della motivazione, ed ecco che si cede alla tentazione del cibo,alla seduzione della sigaretta, a non andare più in palestra, a non seguire più il programma che ci eravamo proposti, a rinunciare a tutto,tornando come prima, abbattuti,depressi e sconfitti.

Il senso di buon funzionamento e di auto efficienza si rafforza scorgendo i successi del programma. Osservando i progressi raggiunti aumenta la fiducia e rafforza la motivazione.

Una dieta che sta avendo successo e l’osservazione del peso che diminuisce, alimenta la fiducia a perseguire il cammino intrapreso. Osservando l’utilità di ciò che stiamo facendo fa aumentare la motivazione a continuare, alimenta una buona aspettativa sull’ esito finale e rafforza la fiducia sulla nostra efficienza.

Il fumatore che si accinge a smettere, man mano che vede aumentare i giorni che non tocca una sigaretta, rafforza la fiducia a continuare, convincendosi sempre di più.

E’ molto importante credere in tutto quello che facciamo. Una persona che sta facendo una cura per guarire da una malattia, osservando i miglioramenti dello stato di salute, comincia ad albergare una buona aspettativa e fiducia sul trattamento, con l’ effetto di accelerare il processo di guarigione.

I risultati positivi rafforzano la convinzione positiva. E’ fondamentale la fiducia e la sicurezza in noi stessi e in quello che facciamo, per mantenere in vita la validità e la funzionalità.

Attenzione, però! Il successo, oltre che dalla nostra convinzione, deriva dal giudizio emesso dagli altri nei nostri confronti. Il giudizio positivo su noi stessi deriva, il più delle volte, dalla legittimazione esterna.

La stima complessiva di noi stessi e l’ auto efficacia non funziona e non serve a nulla senza riconoscimento sociale e delle persone del nostro ambiente.

Non si può essere campioni se non c’è testimonianza e investitura da parte degli altri. L’ambiente e le persone che ci circondano sono molto importanti, perché se non hanno un buon giudizio su di noi, oppure se non ci accettano,  se sono prevenuti, hanno pregiudizi (pre-giudizi:giudizi dati prima) o ci danno discredito, possono distruggere anche una positiva auto-stima.

La paura del giudizio, la paura di sbagliare, la paura di fare una prestazione poco brillante  o il dubbio di non essere all’altezza della situazione demoliscono man mano un senso di auto efficacia positivo.

Quando il dubbio entra nella nostra mente non è utile fare finta di niente. Nasconderci dietro un dito non aiuta.

Se il problema non è grave e la convinzione negativa non è ancora profonda, un buon metodo  è sedersi per riflettere come cambiare l’opinione negativa. E’ utile allora riportare alla mente le situazioni in cui siamo stati vincenti.

Il segreto è tutto nella nostra testa. La stima di noi stessi e di quello che facciamo è una convinzione, costruita nel tempo, in base alla nostra storia personale e in base a come sono andate le cose.

Non esiste ricchezza più grande di un buon rapporto con noi stessi e una positiva stima di noi stessi in tutti i suoi componenti:il fisico, l’ intelligenza, le capacità e la capacità di relazionarsi bene con gli altri.

Se non ce la facciamo da soli, non perdiamo tempo prezioso della nostra vita: chiediamo aiuto.

Archiviato in:Crescita Personale, Psicologia

Come vincere la paura di sbagliare e avere prestazioni rilevanti

22 Settembre 2011 di Dott. Mario Di Nunzio 25 commenti

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Questo articolo parla dell’ importanza dell’AUTO EFFICACIA. Descrive come raggiungere e mantenere prestazioni rilevanti,in campo motorio,atletico e sportivo. E’ un escursus sul modo di lavorare del cervello e delle strutture neurologiche coinvolte. Svela gli errori da evitare che allenatori e preparatori fanno e che poi fanno perdere le partite importanti.

L’auto efficacia è il positivo sentimento di buon funzionamento, di fiducia in noi stessi, di autostima affermativa e sicurezza sulle nostre capacità di conquista e affermazione nel mondo.

Se provo le mie capacità e vedo che riesco,man mano conquisto un senso di auto apprezzamento.

Il senso di auto efficacia raggiunto mi convince che posso avere autostima e fiducia in me stesso.

In questo studio  esaminiamo il ruolo dell’auto efficacia nelle acquisizioni delle abilità motorie e quindi, come si possono sviluppare e perfezionare  fino a diventare dei campioni.

Come si diventa campione nello sport?

Come si acquista fluidità di movimenti in tutte quelle discipline che richiedono movimento dei muscoli e del corpo?

Perché alcuni hanno grazia e disinvoltura nella danza,nel pattinaggio acrobatico,in atletica o nella ginnastica artistica ed altri sono goffi e insicuri?

Perché un giocatore professionista sbaglia a realizzare rigori negli incontri importanti della nazionale di calcio?

La risposta a queste  domande è Il nostro sentimento di AUTO EFFICACIA.

Noi ci sentiamo efficaci se abbiamo fiducia della nostra efficienza e se non interviene qualcosa, come la paura di sbagliare, che ci fa dubitare delle nostre capacità.

L’ auto efficacia funziona benissimo se non viene disturbata dall’attenzione, dal controllo volontario, dalla paura di sbagliare e dall’insicurezza.

Facciamo un esempio:prendiamo il movimento di un millepiedi.

Questo animaletto, dotato di tanti arti, non ha problemi a muoversi  con sincronismo, automaticamente e a camminare senza intralciare con i suoi innumerevoli piedi.

Si è creato un automatismo che sincronizza tutta la locomozione.  Il suo movimento e il sincronismo funziona benissimo,però, fin quando rimane inconscio e automatico.

I problemi iniziano se, per qualche motivo, viene richiamata l’ attenzione e il controllo cosciente del movimento. A quel punto il millepiedi non cammina più. I movimenti cominciano ad essere goffi, impacciati e desincronizzati.

Com’è possibile questo?

Succede che l’ impedimento viene causato dal processo di attenzione.  Il controllo volontario non ce la fa a controllare e a muovere tanti muscoli.

In termini informatici, possiamo dire che il computer cerebrale dell’ attenzione non è in grado di fare tante cose contemporaneamente, ma può svolgere solo poche azioni alla volta.

Noi possiamo rivolgere l’ attenzione ad una sola cosa,una sola elaborazione per volta. Possiamo spostare facilmente l’ attenzione e fare parecchie cose in modo seriale, ma in contemporanea è possibile fare una cosa per volta.

Quando impariamo un movimento nuovo,come ad esempio imparare a camminare da bambino, oppure quando impariamo nuovi passi di danza, o un’ atleta che prepara e apprende nuovi movimenti della ginnastica artistica, quando il calciatore  professionista lavora ore ed ore a tirare un calcio di punizione o un rigore, quando nel pattinaggio l’ atleta apprende eleganti movimenti, ed altre abilità ancora, inizialmente l’attenzione cosciente  aiuta, con l’ allenamento, a trasformare una goffaggine in un movimento sciolto e disinvolto.

Man mano che l’ esercizio procede i movimenti si affinano,le prestazioni diventano  automatiche e svolte facilmente senza pensare.

Questi automatismi sono possibili perché l’attenzione,con le sue limitate capacità, viene ritirata, le elaborazioni a livello cerebrale  e l’ intero movimento non viene più svolto dalla corteccia cerebrale, sede dell’attenzione,ma elaborato,memorizzato e salvato dal CERVELLETTO.

Il cervelletto è una struttura cerebrale di forma lamellare,collocato come una farfalla sotto il cervello,dietro al collo.

Ha una funzione multi tasking,cioè può svolgere innumerevoli funzioni contemporanee di elaborazione,esecuzione e controllo dei movimenti.

Questo agisce completamente in maniera automatica,al di fuori del controllo cosciente dell’ attenzione.

Il cervello in qualsiasi momento può riprendere il controllo e scavalcare il cervelletto,però si diventa impacciati,goffi, e insicuri.

Ricordiamo che l’ attenzione può fare  minime  operazioni contemporanee  per volta,il cervelletto,invece, ha un’elevata capacità multitasking e   può fare tante elaborazioni in contemporanea.

Il cervelletto è come se avesse tanti computer che ognuno elabora,regola,controlla,invia informazioni  e sta attento al feed back che riceve dal sistema muscolare del corpo umano.

Pensiamo a quanti muscoli sono da muovere  con precisione, controllare  esattamente e in coordinazione! Ma tutto avviene elegantemente,anzi,migliorando continuamente la  performance ogni volta che il soggetto si rende conto della sua auto efficacia (SELF EFFICACY).

Questa qualità però può avere un tracollo se la persona comincia a provare dei dubbi sulle sue capacità di performance. A quel punto la paura e la voglia di far bene costringono l’ attenzione a riprendere il controllo.

Se si cominciano ad avere delle defaillance, delle cattive prestazioni o si cerca a tutti i costi che le cose devono andare bene,  è a quel punto che le cose cominceranno ad andare male.

L’ atleta che in una gara importante vuole ben figurare, ha paura di sbagliare, e ‘ce la mette tutta’ rischia di far  fallire la prestazione.

Un uomo  che in un incontro intimo con una donna a cui tiene molto, teme  di non fare bella figura e  vuole a tutti i costi riuscire nella sua virilità,rischia seriamente di fare una pessima figura.

La potenza virile è fuori dal controllo diretto della volontà.

Se la sua mente è preoccupata e l’ attenzione è vigile, questa, nella sua pretesa del controllo, non ha la tranquillità e la fiducia per lasciare che l’automatismo  dell’eccitazione vada a richiamare il sangue che fa inturgidire gli organi sessuali.

Il giocatore della nazionale di calcio che, in finale o in una importante partita, sta per battere un calcio di rigore,se diventa cosciente di tanti occhi che lo guardano e che’non può sbagliare’,delle conseguenze negative che ne deriverà per la sua squadra, per se stesso e per la sua carriera, lascia che il dubbio e l’ insicurezza prendano il sopravvento.

A questo punto aumenterà il suo grado di attenzione per ‘mettercela tutta’. Con la paura scalza gli automatismi,  trasferisce il controllo all’attenzione,che come abbiamo visto ha scarsa capacità nell’ elaborazione dei movimenti.In questo modo si  assicura per sé  il fallimento e fa perdere la partita alla sua squadra.

Conclusione di questo primo elaborato sull’auto efficacia possiamo aggiungere che, ai fini di una grande prestazione, i calciatori della nazionale chiamati a calciare  rigori sotto gli occhi del mondo,devono fare in modo di isolarsi,di non preoccuparsi e di escludere l’ emotività. Rendersi conto di quello che sta avvenendo, causerà un ‘mettercela tutta’, che per quanto sopra spiegato causerà l’ esclusione degli automatismi e quindi la perdita della partita.

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I Traumi Psicologici

28 Dicembre 2010 di Dott. Mario Di Nunzio 2 commenti

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A qualcuno può capitare prima o poi,nel corso della vita, di subìre un trauma.
Questo disturbo può insorgere in seguito ad un evento particolarmente grave:  situazioni in cui si è rischiato di morire o si sono subite gravi lesioni, oppure questi stessi eventi sono accaduti… …a familiari,  a persone particolarmente vicine. Oppure  è capitato a persone estranee, ma  che ci trova coinvolti per il nostro lavoro che ci obbliga a prestare soccorso. Si può subìre un trauma anche solo aver  assistito all’ evento.

Fra gli esempi più comuni di questi traumi ci sono: gli incidenti automobilistici, incidenti sul lavoro, terremoti, azioni terroristiche, un  lutto, violenze fisiche e sessuali.
I sintomi del Disturbo Post-Traumatico da Stress (o P.T.S.D.) sono variabili da persona a persona. Nella maggior parte delle volte questa esperienza viene  superata in modo graduale. In una minoranza di casi, invece, si può sviluppare un Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), il cui sviluppo o meno  può dipendere dalle caratteristiche di  personalità, dal contesto sociale e dalla natura degli eventi subìti.
In ogni caso  perché si possa parlare di un vero e proprio Disturbo Post-Traumatico da Stress i sintomi devono durare almeno un mese.

Il PTSD si può manifestare attraverso questi sintomi:
1)Sintomi intrusivi
L’episodio traumatico tende ad essere rivissuto dalla persona, in uno o più modi diversi: possono essere presenti sogni che riguardano l’evento,ma anche immagini, pensieri o percezioni relative all’evento (suoni, sensazioni tattili, sapori, odori, emozioni) che vengono spesso in mente contro la volontà e senza che la persona lo voglia.
Si può provare notevole disagio quando ci si trova di fronte a situazioni che in qualche modo ricordano l’episodio traumatico. Per esempio, in una persona che è stata traumatizzata da un incidente automobilistico, sentire il suono di una frenata di un’automobile,  può suscitare ansia, paura o spavento.
In casi particolari, il rivivere l’evento traumatico prende la forma di veri e propri flashback, cioè il comportarsi o il sentire come se l’evento traumatico fosse nuovamente e realmente presente.
Nei bambini il trauma può essere rivissuto attraverso sogni, incubi o rappresentazioni degli eventi nel gioco e nel disegno.
2) Sintomi di evitamento e di attenuazione della reattività generale
Chi ha subito un trauma,  normalmente, cerca di evitare i pensieri, i ricordi, le sensazioni, le emozioni ed i discorsi relativi al trauma. Ugualmente cercherà di evitare situazioni, persone o luoghi che le possano ricordare quanto è accaduto.

A volte è possibile che una o più parti del trauma siano dimenticate o molto confuse oppure come se la memoria per gli eventi fosse “bucherellata”.
La persona può sentirsi demotivata, priva di prospettive e di interesse per le cose che prima la entusiasmavano, può sentirsi distaccata dagli altri.
3) Sintomi di aumentata attivazione
Può capitare che la persona che ha subìto un trauma abbia una o più di queste difficoltà: difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, a concentrarsi su un compito, reazioni esagerate di allarme e di paura, scoppi di rabbia eccessivi o inopportuni.
Questi sintomi possono comparire immediatamente dopo l’evento traumatico, ma anche a distanza di molti mesi.
Quando i sintomi spariscono spontaneamente, nella metà dei casi ciò avviene entro tre mesi dalla comparsa dei sintomi stessi.
In una percentuale minore di casi i sintomi persistono negli anni,potendo durare anche per decenni.

Non aspettare che passi da solo,questo può durare tanti anni,oppure rimanere per sempre.  Esiste una terapia specifica per i traumi.  In breve tempo puoi stare meglio. Contatta un terapeuta specialista  E. M. D. R . Il mio numero 334 60 64 105 per avere informazioni e avere un consulto.

Dott. Di Nunzio Mario

Un trauma  è una esperienza scioccante che  segna  profondamente  la persona che l’ ha vissuta.
Cosa fare se avete subito un trauma,  un incidente , un abuso, un lutto  o una brutta situazione dalla quale non  riuscite a dimenticare? Chiama subito chi può darti una mano.

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14 Dicembre 2010 di Dott. Mario Di Nunzio Lascia un commento

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