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Come Vincere le Ossessioni, il Panico, l'Ansia e Vivere al meglio la tua Vita.

Studio di Psicologia specializzato nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Attacchi di Panico, Giochi d'azzardo.

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Dott. Mario Di Nunzio

La lezione di quel primo lavoro

23 Febbraio 2010 di Dott. Mario Di Nunzio Lascia un commento

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Saggio scelto  dal  dott. Di Nunzio M.  by www.psicologodinunzio.com

LA LEZIONE DI QUEL PRIMO LAVORO di Randy  Fitzgerald

Il segreto di una carriera brillante  si nasconde spesso nelle pieghe  di un inizio illuminante. Ecco cinque casi esemplari.

IL CAPPELLAIO

Sono cresciuto nei quartieri poveri  di Filadelfia, e a quei tempi i minorenni trovavano facilmente lavoro, se  lo volevano. Io  ci fui costretto: mio padre ci aveva abbandonati e mia madre  aveva bisogno di aiuto.

All’ inizio  feci il lustrascarpe,  e una  volta ebbi come cliente il proprietario di una fabbrica di cappelli da donna  che mi propose  dopo un po’ di fare saltuariamente il fattorino per   lui. Accettai  e poi, quando ebbi 14 anni, cominciai ad andare regolarmente in fabbrica. Per il mio lavoro, che consisteva  nel cucire   gli orli dei cappelli, guadagnavo  5 centesimi di  dollaro l’ora.

Un giorno il proprietario  mi chiese di andare ad aiutarlo durante il fine settimana: doveva preparare la collezione autunnale.  Ma io avevo già  preso impegno  di accompagnare la mia ragazza al  luna-park.  “Ti  sembra logico andare a spendere  soldi, invece di guadagnarli?”   mi domandò. E così  andai a lavorare.

Un’ altra volta mi disse: “Sai, potrei  far comprare alla gente  aspirapolvere cromati senza alcuna difficoltà  prima  di riuscire a convincerla a comprare azioni.” “ E che cosa sono le azioni?” domandai.  Mi presentò  un agente di cambio  che mi consigliò  di comprare   un’ azione  di un’ azienda  che mi piacesse.   Adoravo la Pepsi-Cola,  e  così acquistai  una sua azione.  Costo: 18 dollari. Da quel  momento  cominciai a leggere le pagine finanziarie per controllare  come si comportava  la “mia” impresa.     Ben presto  comperai  altre azioni, e prima  di andare all’università  le rivendetti  a 28  dollari l’una. Dopo la laurea mi dedicai  al mercato azionario  per assicurare  il futuro alla mia famiglia.

Persi il posto  alla fabbrica di cappelli  quando avevo 16  anni.  Un  operaio  denunciò il  mio capo al ministero del Lavoro  e un ispettore  comunicò a mia madre  che l’ uomo che mi aveva assunto mi stava sfruttando.   Sfruttando!  Quel lavoro aveva deciso  il corso della mia vita.

Walter Williams è titolare  della cattedra di Economia alla George    Mason University in Virginia, scrive regolarmente  su vari giornali  ed è autore di quattro libri.

LA  COMMESSA

Mio padre  aveva un negozio  di alimentari  e uno   di  fiori  a Monroeville, una cittadina dell’ Alabama. Io aprivo i pacchi, ordinavo  i fiori  e preparavo  composizioni  floreali.  A 12  anni  mi alzavo alle 5  del mattino per servire  i braccianti che compravano  il  cibo per il pranzo prima di andare  a lavorare  nei campi  di  cotone.

Come tutti bambini, anch’io  all’ inizio  non facevo  sempre il lavoro  in maniera impeccabile. Quando  avvolgevo le pile di monete in fogli di carta  prima di depositarle in banca, spesso mi stancavo  e ne lasciavo  alcune sparse in giro. A volte, quando pulivo il contenitore  della carne  e non  lo facevo tornare splendente  come avrei dovuto, mio padre  mi costringeva  a riprendere  la spazzola  e ricominciare tutto da capo. La mia paga era di dieci dollari la settimana, e  poiché  adoravo leggere, ma ai ragazzi neri  non era permesso andare in biblioteca a quel tempo, ne spendevo la metà  per comperare libri, e mettevo  da parte il resto  per  l’ università.

Un giorno stavo leggendo  in  negozio  e non mi ero accorta  dell’ arrivo di  un cliente. Mio padre, infuriato, sbottò: “Non  essere  mai scortese con i clienti  perché è grazie a loro che tu puoi comperare quei libri.”  Non ho mai scordato  queste  parole. Tutto ciò che ho conquistato  nella vita  lo devo a quel  lavoro.

Marva  Collins  ha fondato e dirige  la   Westside Preparatory     School  di Chicago.

IL MARINAIO

La nave mercantile sulla quale ero imbarcato  era salpata  da tre o quattro giorno da Honolulu   e diretta  alle Filippine quando fummo sorpresi  da un tifone.  La  nave  era in balia   delle onde  e una decina di fusti di petrolio  da 190 litri, spezzate le rizze, cominciarono a rotolare  per il ponte.  Un  uomo solo non  sarebbe mai riuscito    ad assicurare e legare  i fusti  ma, lavorando  tutti insieme, noi dell’ equipaggio potevamo proteggerci a vicenda  mentre  prendevamo al laccio i fusti e tornavamo a rizzarli.

Anni dopo, durante la seconda guerra mondiale, ero su una nave  che faceva parte di un convoglio di una cinquantina di  unità adibite  al trasporto di munizioni. Quand’ero di guardia in plancia,  d’inverno, dovevo stare all’ aperto anche mentre imperversava  una burrasca nell’Atlantico settentrionale.  Avevo il  viso  e i vestiti incrostati di ghiaccio.  Le quattr’ ore del mio turno  sembravano non finire mai, ma mi insegnarono  alcune cose di fondamentale importanza:  a far bene  il mio lavoro  e a capire che tipo di marinaio fossi. La sicurezza  di tutti a bordo  dipendeva da  ogni singolo  membro dell’ equipaggio.

Considero  tutt’ora  quei giorni  come una lezione  di solidarietà umana, perché se non fossimo restati uniti  e solidali, saremmo finiti tutti in fondo al mare.

Lane Kirkland  è presidente  della  AFL – CIO (Federazione del lavoro  e Confindustria americani).

IL CADDIE

Durante gli  anni della  depressione, quando frequentavo  la scuola media superiore, trascorrevo i fine settimana  facendo il  caddie  (il portamazze) sui campi da golf.     Quelli  di noi che arrivavano per primi  avevano la sicurezza di lavorare. Mia madre  si alzava alle  4    del mattino  per prepararmi  la colazione, in modo  da farmi arrivare  sempre per tempo sul  campo.

Nel secondo anno di “servizio” mi venne  l’ idea  di proporre  ai giocatori  di chiedere espressamente  i miei servigi   come portamazze.  Ero  molto intimorito, perché si trattava di persone di un  ceto  sociale  molto elevato, ma la fortuna mi assistette. Durante  una partita, un banchiere  al quale stavo portando le mazze sbagliò il colpo e  mandò la  pallina dritta nel  laghetto.  Mi sfilai immediatamente  i pantaloni, entrai in acqua  ed esplorai il fondo con i piedi  finchè non trovai la  pallina.    Il banchiere  aveva un’ aria talmente soddisfatta  che mi venne il coraggio  di fargli la mia richiesta, e da quel giorno  mi volle sempre  al suo fianco  sul campo di golf.

Una volta rotto il ghiaccio, tutto divenne più semplice,  e imparai  a chiedere consiglio, referenze e aiuto  a chi  stava sopra di me.    Se non si fa bene il proprio  dovere, non serve a niente, ma se ci si mette  impegno, gli altri danno volentieri una mano.   Per  avere successo,  dobbiamo diventare tutt’uno con i  nostri obiettivi.    Ma è anche importante  avere  il coraggio  di chiedere aiuto.

Curt Carlson è a capo di un impero  di 75 aziende che  ogni anno fattura  milioni di dollari.

IL RAPPRESENTANTE DI SAPONETTE

Tornato civile,dopo aver fatto in Marina la  seconda guerra mondiale, non avevo le idee chiare sul mio futuro. Non provai la strada delle assicurazioni,ma finii per fare il rappresentante  di saponette  per lavanderie  e ospedali.  Ben presto capii di essere un venditore nato.

Ricordo l’incontro con il responsabile delle vendite in tutto il paese:  naturalmente era molto soddisfatto di sè, e stava guadagnando un sacco di soldi. Ma io mi chiesi se vendere saponette  era veramente ciò che volevo fare  per il resto della mia vita.

Poi un giorno  incontrai un tipo  che vendeva spazi pubblicitari  per la Wor  Radio di New York. Mi fece visitare gli studi  e rimasi incantato nell’ osservare  la messa in onda di un programma basato sulla trattazione di un argomento di attualità. Fu come una folgorazione: seppi,di colpo,che volevo lavorare per la radio. Riuscii ad ottenere  un posto come venditore di spazi commerciali per la Wor,una vera potenza potenza nel settore. Me la cavavo egregiamente, perché  credevo in quella professione.

Quando si è giovani  e ci si sente  insoddisfatti, bisogna avere il coraggio di cambiare, perché si possiede ancora la flessibilità necessaria  per apprendere nuove cose.

Se non si ama la propria attività dal profondo del cuore, è importante cambiare, indipendentemente da quanto si guadagna. Nessuno può far bene un lavoro  per 40 anni se non se ne appassiona.

Frank  Shakespeare  è stato  presidente  della rete televisiva  CBS – TV Services, direttore  dell’ U.S.  Information Agency  e Ambasciatore degli Stati Uniti in Portogallo (1985-87) e presso  il Vaticano (1987-89).

A cura del dott. Di Nunzio Mario,  by www.psicologodinunzio.com

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Nello Studio dello Psicologo

23 Febbraio 2010 di Dott. Mario Di Nunzio 1 commento

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Nello Studio dello Psicologo, dalla parte del paziente.

I pensieri segreti e le aspettative del paziente

Nello Studio dello PsicologoHai bisogno di affrontare e risolvere problemi di ansia,di panico,depressivi o relazionali, insomma contattare uno psicoterapeuta e iniziare una terapia. Cosa ti aspetti da questa?

Seguiamo passo passo il percorso, perchè, in realtà, il percorso di una Psicoterapia non è molto conosciuto.

Primo incontro. [Leggi di più…] infoNello Studio dello Psicologo

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Codice Uomo Codice Donna

12 Settembre 2009 di Dott. Mario Di Nunzio Lascia un commento

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Codice Uomo – Codice Donna

La sociolinguista Deborah Tannen ha analizzato gli stili di conversazione tra uomini e donne per cercare di capire perché ci sono così tante difficoltà a comprendersi.

Il dialogo    fra l’ uomo e la donna , fra marito e moglie, fra un ragazzo e una ragazza   o fra un bambino e una bambina  è come una sorte   di comunicazione  tra due culture diverse. Si parla la stessa lingua , lo stesso linguaggio, ma non ci si capisce.

Una donna si innamora di un uomo  perché vuole in lui un ORECCHIO  GIGANTE:   non solo per attrazione, ma qualcuno che l’ ascolta.

-1°  esempio.   Capita spesso che le donne parlando ai loro uomini non  si sentono capite nelle loro intenzioni ,  ci rimangono male e   si  offendono.

Cosa è successo?     Gli  uomini   anziché ascoltare, condividere  o comprendere, offrono   soluzioni .  Non è  quello che lei  voleva   e  ci è rimasta male.  L’uomo non capisce  perché Lei ha reagito in quella maniera.

Gli uomini offrono soluzioni  ai problemi. Essi si sentono   solutori  di problemi: un problema , una critica o una lagnanza   delle loro donne  costituisce  per loro  una sfida alla loro capacità di trovare  una soluzione.

Gli uomini si sentono frustrati quando non vedono  gratitudine in un problema risolto.

Le donne  amano prendere insieme  qualsiasi decisione e mai farebbero progetti  senza prima chiedere consenso  o parlarne col marito.

Per gli uomini  consultarsi  con la moglie equivale  a chiedere  il permesso. Questo implica  che non si è indipendenti e liberi di agire da soli.  In questa maniera   ha l’ impressione  di essere come un bambino. Ciò è offensivo per lui e oggetto di sfottò da parte  degli altri uomini.

Per le donne  consultarsi  con gli altri  non ha a che fare  con l’ indipendenza , ma una ricerca di  maggiore intimità.

Lei ci rimane male  se il suo uomo  prende decisioni  da solo o se le  prende parlando con altri (  o con sua madre ! ).

Per gli uomini è fondamentale ragionare in termini di INDIPENDENZA.

Secondo questo filtro  possono fraintendersi   anche situazioni  che non hanno nulla di offensivo.

–  2)L’ osservazione dello STILE  COLLOQUIALE   è utile per capire le innumerevoli incomprensioni fra l’ uomo e la donna.

Lo stile COLLOQUIALE   maschile  è del tipo up / down:   io sono superiore / tu sei inferiore    ( reazione suscitata   nell’ interlocutore: difesa e irritazione

Lo Stile   colloquiale femminile ,   a differenza di quello maschile, considera    il  mondo una rete di legami ,  una ricerca di conferme e sostegno  e di negoziati per l’ intimità  per raggiungere il consenso.

3) INDIPENDENZA /  DIPENDENZA

La donna parla di più nell’intimità, mentre l’uomo vorrebbe approfittare dell’intimità per riposare e rifare il pieno di energie, finalmente in silenzio.

L’uomo tende a parlare di più quando è in pubblico, o come scrive Tannen “l’uomo fa discorsi che le donne fingono di ascoltare”, perché per la donna conta soprattutto l’intimità, e non lo statuto.

Gli uomini tendono a parlare in pubblico soprattutto quando parla una persona alla volta, mentre le donne si trovano più a loro agio quando c’è una molteplicità di voci e di discorsi.

Deborah Tannen afferma: “bisogna imparare la lingua dell’altro sesso”

La gestione delle emozioni

Esistono  quattro modi di percezione della realtà: il modo fisico, emotivo, intellettuale e spirituale (nel senso relazionale del termine).

Mentre le donne possono più agevolmente muoversi da una modalità all’altra, gli uomini si troverebbero più a loro agio nei modi fisico e intellettuale. Per esempio l’uomo ha pensieri tristi o felici (modo intellettuale) ed esprime i suoi sentimenti con il corpo (modo fisico): l’azione è la sua priorità.

La donna, invece, prova tristezza o qualsiasi altra emozione anche in assenza di una particolare ragione, e questo è molto difficile da capire per un uomo. Mentre l’uomo esprime la sua spiritualità in modo fisico, per esempio costruendo musei o cattedrali, o intellettuali, per esempio diventando teologo o filosofo, la donna vive e descrive la sua esperienza spirituale in modo molto più diretto, e in termini emotivi: la priorità delle donne è la relazione con l’ambiente.

-Per l’uomo l’emozione è l’espressione di un problema o di un conflitto: per lui si tratta allora di trovare la fonte dell’emozione per farla scomparire, e ritrovare la pace dello spirito.

Per la donna, l’emozione diventa un pretesto per la relazione: la donna la vuole esprimere, condividere e riceverne in cambio le emozioni dell’interlocutore.

Se una donna esprime le sue emozioni a un uomo, questo potrà pensare automaticamente di essere parte del problema, o una delle cause di queste emozioni, e può allora reagire difendendosi o offrire soluzioni per risolvere quello che lui percepisce come un problema.

L’uomo funzionerebbe in modo razionale e sequenziale, e vorrebbe fare l’amore allo stesso modo: il desiderio è la causa del rapporto, le carezze sono il mezzo più veloce per arrivarci, e l’orgasmo reciproco è l’obiettivo ultimo. Funzionando in maniera lineare, l’uomo sarebbe in genere meno flessibile, mentre la donna vorrà modificare questa pianificazione per aggiungere fantasia alla relazione: parlare d’amore senza farlo, accarezzarsi e toccarsi ma senza necessariamente desiderare il rapporto o l’orgasmo.

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Guarire con le Costellazioni

6 Settembre 2009 di Dott. Mario Di Nunzio Lascia un commento

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Guarire con le “Costellazioni Familiari”

Bert Hellinger, ha perfezionato un sistema semplice e rigoroso, detto delle Costellazioni Familiari, che permette di mettere in evidenza conflitti, tensioni e legami carichi di malessere, presenti all’interno di una famiglia, per poi arrivare ad una soluzione positiva.

Attraverso le Costellazioni Familiari possiamo capire che la nostra vita spesso viene condizionata da sentimenti e comportamenti che non sono nostri, ma che appartengono ad altri membri della famiglia, magari scomparsi da tempo.

Per esempio, se un membro di una famiglia è stato escluso o dimenticato, a causa di un tragico, succede che un altro membro delle famiglia, della generazione seguente sostituisca inconsciamente l’escluso e ne imiti la sorte con azioni e sentimenti simili o cercando di seguirlo nella morte.

ALLA SCOPERTA DEI “LEGAMI INVISIBILI”

Il lavoro con le Rappresentazioni Familiari mostra chiaramente che esiste un vincolo particolare, come un legame biologico, con tutti i membri della nostra famiglia, mentre in genere pensiamo che solo i parenti conosciuti personalmente siano importanti per noi, nel bene e nel male e ci abbiano dato la loro impronta.

Esistono legami invisibili e non percepibili anche con quei familiari che non abbiamo mai conosciuto e di cui non abbiamo mai sentito parlare.

Si è scoperto che una famiglia è un sistema o campo energetico in cui governano determinate leggi. Una famiglia, attraverso parecchie generazioni, può essere paragonata ad una struttura dove, ad una disarmonia sorta in un punto qualsiasi, segue subito una reazione in un altro punto.

I figli sono destinati a riequilibrare il sistema, poiché prendono su di sé tutte le energie presenti per far sì che la famiglia, come sistema globale, sia di nuovo in ordine.

Dunque ciò che viene represso nella famiglia non svanisce nel nulla, ma si aggira come uno spettro nel sistema. I nuovi arrivati, i figli, sentono l’energia, l’accolgono e la vivono; a quel punto sono “irretiti”, intrappolati per amore, con i loro antenati, ne assumono cioè sentimenti e destini.

Che cosa avviene quando per esempio qualcuno muore da piccolo, adolescente o giovane? Questa morte ha conseguenze assai profonde per i sopravvissuti, poiché in essi si sviluppa una specie di senso di colpa per essere ancora in vita, mentre il fratello o sorella è mortoire.

E’ assai frequente allora che subentri un’attrazione per la morte. Qualcuno sarà portato a seguire il destino. Costui andrà verso la morte dandosi agli eccessi e alla droga. “Ti seguo”, rappresenta la frase interiorizzata di cui tuttavia non sono consapevoli.

Sovente le malattie gravi in giovane età hanno cause di questo tipo e la volontà di vivere risulta indebolita e il corpo reagisce con la malattia.

Se muore uno dei genitori, nelle Costellazioni si vede la stessa attrazione che uno o più figli manifestano: “Ti seguo cara mamma , caro papà”.

Se la madre è malata, il figlio può star male perché nel suo intimo agisce di nascosto la convinzione: “Se anche io mi ammalo, posso liberare mamma dalla malattia, se muoio per lei, lei potrà vivere”.

Se un familiare è stato escluso, messo in disparte, sopraffatto, deriso, oppure è la “pecora nera” della famiglia, o se si sono fatte ingiustizie nell’ eredità, anche i destini di chi è stato escluso si ripetono. Allora chi viene escluso di regola viene rappresentato da un membro nato successivamente e che si impone un destino simile. La legge naturale impone che nessun membro familiare può essere dimenticato.

COME SI SVOLGONO LE “COSTELLAZIONI FAMILIARI” IN UN SEMINARIO

Tramite rappresentanti maschili e femminili, la famiglia dell’interessato è rappresentata davanti ai suoi occhi. Si parte da una domanda, ad esempio un figlio continua a provare depressione resistente a ogni cura, sensi di colpa e desiderio di morte (la madre è morta nel darlo alla luce), la Costellazione cercherà la Soluzione a questo problema.

Deve allora esporre brevemente i fatti essenziali della sua famiglia senza commenti o interpretazioni. Sceglierà poi, tra i partecipanti al seminario, un rappresentante per sé e per gli altri membri della famiglia, dando a ciascuno un posto e una direzione, nel massimo silenzio.

Terminata questa prima parte si siede e osserva l’insieme, fino alla fine sarà un osservatore che lascerà agire su di sé ciò che il conduttore e i rappresentanti dicono e fanno, avendo straordinariamente accesso ai sentimenti e ai rapporti del membro familiare corrispondente.

Perché accade e come questo avviene è un fenomeno per ora inspiegabile: si pensa che si può riportare al processo noto come “campo morfogenetico”, elaborato dal biologo R. Sheldrake.

I rappresentanti hanno dunque accesso ad una coscienza che appartiene alle persone di cui occupano il posto, arrivando anche ad esprimere sintomi e reazioni corporee della persona in questione, di cui ignorano tutto.

Sulla base di quanto espresso dai rappresentanti, il conduttore interviene spostando le varie persone, rappresentanti di familiari. Questi spostamenti ha l’ effetto di modificare e migliorare le relazioni, ciò fa sì che spariscono le tensioni e nel sistema torna la pace, assecondando quindi i movimenti dell’anima che ci portano verso la riconciliazione e l’amore maturo, reintegrando anche le persone escluse o dimenticate. A questo punto, l’interessato riprende il suo posto nella rappresentazione.

LA SOLUZIONE

Esempio di una costellazione
Il figlio sta ad una certa distanza dalla madre e non osa guardarla: quando il conduttore lo avvicina alla madre, non riesce quasi a guardarla negli occhi perché si sente colpevole della sua morte. La madre guarda invece il figlio con amore.

Il cambiamento e la trasformazione avvengono quando il figlio va davanti alla madre, si inchina profondamente e dice:”Tu sei morta quando sono nato. Ti ringrazio per la vita che mi hai dato e la accetto anche al prezzo che ti è costata”. Allora la madre:”E’ il rischio che corro come madre e me lo assumo in pieno. Fa’ della tua vita qualcosa di buono affinché la mia morte non sia invano”. Improvvisamente il figlio può alzare lo sguardo, sentendo e accogliendo l’amore della madre.

Se il figlio non vuole vivere, il sacrificio della madre è stato vano, lei vuole che suo figlio conduca una vita piena e felice. Se il figlio rispetta la madre e il suo destino, scopre l’amore della madre e accetta con gratitudine il sacrificio di lei e in sua memoria vive al meglio.

L’amore cieco e infantile si trasforma in una forma più adulta e consapevole. L’amore adulto ci fa vedere l’altro e il suo destino, e ce li fa rispettare entrambi.

PER INFORMAZIONI
Studio di Psicologia – Corso Umberto 1°,46
66050 San Salvo (CH) Tel. 334 60 64 105
e-mail: mardinunzio@tele2.it

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Le costellazioni familiari-Influenza degli avi sulla famiglia

22 Agosto 2009 di Dott. Mario Di Nunzio Lascia un commento

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LE COSTELLAZIONI FAMILIARI:Influenza dei genitori, parenti
o antenati sulle problematiche familiari o  aziendali.

Bert Hellinger ha scoperto il procedimento per mettere in luce dinamiche, vincoli e trame

negative nelle famiglie con problemi o nelle attività lavorative mal funzionanti.

Hellinger ha scoperto che ogni famiglia o gruppo è regolato da legami nascosti, legami  segreti,

i cosiddetti “ordini dell’amore”.

Scoprendoli e mettendoli in scena con un metodo,denominato: “Costellazione Familiare”,

si riesce a comprendere il mal funzionamento del gruppo familiare o

del gruppo di lavoro. Capita che inconsciamente si vive il destino di

un altro familiare e quel comportamento spesso   non è il nostro.

Hellinger ha scoperto che un gruppo familiare rispetta e agisce in base a tre regole principali.

Queste sono:

– APPARTENENZA,

– ORDINE GERARCHICO

– EQUILIBRIO

In breve significa che:

– Nessun membro della famiglia può essere escluso;

– L’ordine di nascita deve essere sempre rispettato: (vale per tutti: vivi o morti, anche nei casi

di aborti,di handicap, di più relazioni o più matrimoni);

– La legge dell’ equilibrio dice che se qualche predecessore, in passato,ha commesso

qualcosa, senza pagare o ri-pagare per l’ atto compiuto, qualcuno successivamente pagherà

ed espierà quella colpa. (Ad es.: un’ eredità percepita ingistamente,una sopraffazione,

un omicidio,un suicidio, un abuso.)

Dinamiche familiari errate, come un ordine di nascita non rispettato, un familiare che non viene

rispettato o tenuto da conto, segreti, tabù, sensi di vergogna per un comportamento

di un familiare e che si cerca di nascondere o di estrometterlo, una relazione o un matrimonio

finito e che si cerca di non volerne più sapere, può causare strani destini in alcuni

componenti della famiglia.

Qualche elemento della famiglia per effetto di identificazione, o per necessità inconscia

di espiare, porterà il peso di un destino di un altro, con incapacità ad amare o prenderà

malesseri resistenti alle cure e che, in alcuni casi, può condurre fino alla malattia o alla morte.

Ad esempio, le persone del nostro passato familiare che tendono ad essere dimenticate sono in

genere quelle a cui la vita si è allontanata dalla norma.

Sono coloro che, in un modo o nell’ altro,hanno sofferto a causa di circostanze insolite,

come: morti premature,suicidi,atti di particolare violenza subiti o inferti.Talvolta sono le pecore

nere: i  play boy,i fuggitivi, quelli di cui “sarebbe meglio non parlare”.

Ma sono proprio loro, le persone di cui sarebbe meglio non parlare, che più degli altri

è necessario ricordare.

Un membro morto della famiglia che non è ricordato può avere una forte influenza

sull’ intera famiglia. Qualcuno della generazione successiva vorrà seguirlo. Una delle

possibili conseguenze è che una persona non si permetterà di vivere pienamente, e

che si comport icome se fosse morta.

Con i gruppi di COSTELLAZIONI FAMILIARI si può scoprire anche la incapacità ad amare.

Nel lavoro sulle dinamiche familiari ,Bert Hellinger ha individuato due cause di sofferenza.

La prima, che solitamente ha origine nelle generazioni precedenti, è rappresentato

dall’ “irretimento” che proviene dal non rispetto delle leggi su esposte (Appartenenza,Ordine

ed Equilibrio).

La seconda causa di sofferenza risiede dal cosiddetto “Movimento Interrotto”.

Questo avviene se da piccoli c’è stato un ritrarsi emotivo nei confronti del bambino, da parte

della madre o del padre: un rifiuto da parte loro, per il loro carattere, la loro incapacità a

infondere affetto e a rispondere in modo caldo ed amorevole, o per la loro momentanea

assenza. Da grande succede che pur volendo l’amore e l’ attenzione di una

persona, si teme di essere rifiutati, di non essere accettati, di essere feriti. Insomma, pur volendo,

la paura ci bloccae ci fa arretrare.

Così continuiamo a desiderare fortemente qualcosa ma allo stesso tempo evitiamo

qualsivoglia possibilità di ottenerlo.

Tale esperienza è alla base di numerosi comportamenti nevrotici. I gruppi di Costellazione,

rappresentando la situazione iniziale in cui si è vissuto il rifiuto, il ‘rappresentante’ del genitore

rifiutante, scusandosi accoglierà la persona impaurita e riluttante, allargando le braccia in

un caldo abbraccio,in un fiume di emozioni, ristabilendo il legame interrotto.

I gruppi di Costellazioni Familiari servono a portare alla luce irretimenti o blocchi inconsci

che rendono difficile la vita di coppia, e le relazioni in genere. I gruppi servono ad

alleviare situazioni difficili legate a divorzi, separazioni, adozioni, morti precoci, aborti,

bambini difficili, ecc., ad attenuare e comprendere disturbi fisici e psichici di ogni genere.

Articolo Correlato: A cosa serve e come si fa un gruppo di Costellazioni familiari

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Per costruire il vostro successo

15 Luglio 2009 di Dott. Mario Di Nunzio Lascia un commento

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Recensione del Dott. Di Nunzio Mario

Per costruire  il vostro Successo (di     Norman Vincent Peale)

Molti  non riescono nella vita unicamente per mancanza di fiducia in se stessi. Questi suggerimenti, frutto di una lunga esperienza, potranno  aiutarvi  a mettere in luce il meglio di voi.

Dopo aver ascoltato per 30 anni le confessioni di persone afflitte da guai  di ogni sorta, credo di conoscere bene tutti, o quasi tutti, i problemi che   angustiano l’ uomo su questa terra. Uno, però, è talmente comune  che lo considero  la malattia fondamentale dell’ uomo.  E’ il problema   della persona che non realizza appieno  le proprie capacità e che è perfettamente cosciente;  che è profondamente  infelice, ma che sembra  del tutto incapace  di fare qualcosa per rimediarvi.

Di solito al giudizio  di chi, come me   ha scelto il ruolo di dare consigli,le difficoltà  della persona  che gli siede di fronte non sembrano  mai così insormontabili: ma chi  vi è direttamente coinvolto è  invece sicuro di non potervi far fronte.  Per quanto sembri dotato  di un’ intelligenza normale, di un’ istruzione adeguata e di tutti  quei requisiti   necessari  per condurre un’ esistenza felice, è del tutto incapace di profittarne. La sua vita è come annebbiata, sfocata, priva di energia, senza scopo.

In tipi del genere ricorrono sempre tre  caratteristiche deleterie:  inerzia, mancanza di volontà, sfiducia in se stessi.  Una volta, mentre  passeggiavo in un parco  (ricordo era una giornata d’ autunno, e speravo di trovare qualche spunto per un  consiglio), mi imbattei   in un giovane che  rastrellava  le foglie morte in un prato. Lo conoscevo di vista e gli chiesi come se la passasse. Si strinse alle spalle. “Come vede, ho fatto ben poca strada” rispose.

“Dov’è che vorresti arrivare?”

Mi guardò scuro in volto. Poi disse: ”Magari lo sapessi !”

“Ma che cosa sai fare meglio? “

Scosse la testa : “Credo proprio di non essere bravo  a far niente.”

“ E allora, cos’è che ti dà più soddisfazione?”

Aggrottò la fronte. “Niente in particolare.”

“Senti” gli dissi “  ti ho fatto  tre domande  fra le più importanti che si possano rivolgere   a una persona  e tu  mi hai dato  tre risposte che  non dicono niente. Stasera, quando tornerai a casa , siediti  al tavolo, armato di carta e matita, e non  alzarti  finchè non avrai risposte alle mie domande. Troviamoci di nuovo qui, domani , alla stessa ora. Riprenderemo  il discorso che abbiamo lasciato in sospeso.”

Sembrava esitare, ma alla fine accettò. Quando c’incontrammo, il giorno dopo, mi disse  che gli sarebbe piaciuto svolgere  un’ attività manuale, ma non troppo impegnativa intellettualmente; che credeve di essere abbastanza tagliato  per la meccanica;  e che nella vita  sentiva soprattutto il bisogno di avere uno scopo, una via da seguire.  Poco tempo dopo  trovò  un lavoro  in fabbrica di   materiale edilizio. E’ diventato presidente  dell’ impresa  per cui lavora?  No, ma oggi è caporeparto e la sua vita  è felice e operosa. Aveva solo bisogno  di una spinta per smettere  di condurre  un’ esistenza  sbiadita.

Nel corso della mia vita ho conosciuto tante persone con problemi simili a quelli  sofferto  da questo ragazzo, e ho finito  con lo stabilire  una serie di norme per aiutare tutti coloro  che, giovani  o vecchi, sentono  il bisogno  di mettere  in luce il meglio di sè.  Queste norme, in tutto, si riducono a  otto, ma che costituiscono un metodo di autodisciplina alquanto  difficile.  Tuttavia, quelli che si sforzeranno di metterle in pratica,  diventeranno più  felici, più volitivi e più capaci.

1.     Stabilire in modo specifico la meta  cui si vuole arrivare.

Non  basta dire  “Voglio essere felice” o “Voglio far soldi” o  “ Voglio essere una persona migliore”.    Si deve stabilire  con esattezza ciò  che si vuole  e quando lo si vuole.     Bisogna dirsi   “ Voglio diventare infermiera diplomata entro tre anni”  oppure diventare   direttore commerciale di questa ditta, direttore  di quel giornale, addetto agli acquisti di quel grande magazzino, in quattro, cinque  o sei anni.

Un sistema pratico è quello di scrivere su un foglio di carta l’ obiettivo che ci si è prefissi e la data entro  cui  si intende raggiungerlo; sistemare  il foglio vicino al letto e leggerlo ad alta voce ogni mattina, appena svegli.  L’indeterminatezza è il segno inconfondibile di una mente  che non sa mettere a fuoco i  propri pensieri. Vale la pena di sbarazzarsene presto.

2.     Servirsi dell’ immaginazione per potenziare la volontà di riuscire.

E’ inutile  proporsi uno scopo se poi  non  si ha la ferma volontà di raggiungerlo. I sogni ad occhi aperti e i pii desideri non bastano; bisogna aver dentro di sé  un desiderio fortissimo e ardente. Nessuno però, dall’ esterno, può suscitarlo : bisogna crearlo  e alimentarlo da  soli con la costante , vivida immagine  dei benefici che si trarranno dall’aver raggiunto il traguardo. Chiedetelo pure a chiunque  sia riuscito  a eccellere in un qualsiasi campo. Vi dirà che la chiarezza di  propositi  e l’ intensità  del desiderio di  riuscire sono gli ingredienti principali  della formula magica  per il successo. Se non vi preme veramente di arrivare, non arriverete mai dove vi siete  proposti.

3.     Essere disposti a pagare il prezzo di ciò che si vuole ottenere.

Se lo scopo che si intende raggiungere è alto,bisogna esser  disposti  a pagare  un prezzo altrettanto alto. Lavorare sodo,correre rischi, far sacrifici, subire sconfitte  son tutte cose da mettere nel conto. Non sarà possibile concedersi il lusso della pigrizia o il piacere di distrazioni  frequenti. Quando  ci si propone  uno scopo,  gioverà ricordare  che se  non si è disposti  a pagare un certo prezzo  per  conseguirlo, sarà tutta fatica sprecata.

4.     Trasmettere al proprio inconscio gli impulsi giusti.

Questo è di vitale importanza. L’ inconscio è una grande dinamo, ma è anche un computer  che deve essere debitamente programmato. Se  all’ inconscio arrivano di continuo paure, ansie, previsioni pessimistiche è difficile  che esso risponda con qualcosa di  costruttivo. Ma se a livello  del pensiero cosciente  sarà  sempre mantenuto  un obiettivo  chiaro e distinto , è certo  che prima o poi  l’inconscio lo accetterà  e comincerà  a fornire al pensiero  cosciente progetti, idee, intuizioni e tutta l’ energia necessaria  per conseguirlo.

5.     Essere disposti ad accettare la sconfitta, ma  solo temporaneamente.

Un  tale  che  ha compiuto  uno studio approfondito  su alcune personalità  che sono riuscite a eccellere  in vari campi mi ha detto  di aver notato  che costoro avevano una sola qualità comune:  la tenacia.  Si riprendevano  e tornavano a lottare   anche quando  una lunga serie di avversità avrebbe indotto  la maggior parte  degli altri a darsi  per vinti.

Non molto tempo fa ho rievocato in un convegno  la storia di queste persone.  Nel ’31 gli affari gli andarono male e fallì.  Nel  ’32 cercò di essere eletto a una carica pubblica  e venne sconfitto. Subì  un nuovo rovescio finanziario nel ’34.  Nel ’41  ebbe un esaurimento nervoso. Sperò  invano che il suo partito lo nominasse candidato per l’ assemblea legislativa nel  ’43.  Nel ’55 si presentò alle elezioni  per la Camera alta e non riuscì ad ottenere il seggio. Fu sconfitto  di nuovo nel ’58. Era nato per perdere, dissero alcuni. Ma nel 1860 quest’uomo – Abramo Lincoln – fu eletto presidente degli Stati Uniti. Aveva saputo accettare la sconfitta, ma solo temporaneamente.

6.     Convincersi  che il pensiero può influire  sulla realtà.

Per la maggior parte  delle persone è molto difficile  capire  che la forza più poderosa del mondo  è un’ idea che abbia messo radici nella mente umana.

Eppure è così.

Non molto tempo fa, in Australia, ho conosciuto un uomo straordinario, un certo Bert Walton. Questi raccontò come per moltissimo tempo – a cominciare  dai  primi anni  di scuola, e poi in seguito sul lavoro – non aveva fatto altro che collezionare insuccessi. Dopo aver cambiato parecchi impieghi, alla fine aveva trovato  un posto alle dipendenze  della filiale australiana di una grande ditta straniera. Anche lì cose andavano di male in peggio, quando un dirigente  della casa madre  venne a parlare ai dipendenti  australiani. Fu proprio  una frase del suo discorso a fare su Walton un’ enorme impressione: Si può sempre  riuscire – se si è convinti  di poter riuscire.

“Tutto ad un tratto  mi resi conto  che la ragione  per cui non riuscivo  mai a niente  era la mia inveterata  abitudine a considerarmi un fallito”  mi disse.  “Era questa convinzione  a creare  quello stato di cose , e non il contrario. Perciò decisi  di cambiare  l’idea  che avevo sempre  avuto di me. Mi  dissi: -Sono certo di  poter diventare direttore  di questa ditta  per  la Nuova Galles del Sud. Anzi sono più che convinto  di poter diventare  direttore   per tutta l’ Australia.”  Mi ci volle  molto tempo e molta fatica,  ci furono molti contrattempi, ma finii  per diventarlo. Poi entrai nel ramo dei grandi magazzini, e mi dissi:  “Credo che potremo fare di quest’ azienda  una delle più importanti di tutta l’Australia.”    E anche questo finì per avverarsi.  Sono un uomo come tanti altri, ma avevo fatto mia un’ idea straordinaria  e a essa avevo tenuto fede.”                 Che cosa era accaduto a quell’uomo?    L’ idea, come uno specchio ustorio, aveva concentrato i raggi del suo carattere  su un obiettivo ben definito con tale intensità  che elementi  fino allora inerti erano come divampati. L’idea non  è nuova. Nella Bibbia è ripetuto   più volte:   “Abbiate fede,  e niente vi sarà impossibile.”  Una promessa  sconcertante, certo,  ma profondamente vera.

7.     Non mettersi mai in stato d’accusa.

Tempo fa venne a trovarmi  un tale   dicendo che voleva parlarmi. Aveva l’aria abbattuta e nella sua voce  c’era il tono dello sconfitto.   “Sono un commesso viaggiatore”   mi disse “ e guadagno abbastanza da vivere,  ma il mio è un lavoro senza importanza. Sono quasi sempre  angosciato e depresso. Mi può aiutare?”

“No”  gli risposi  “non posso  certo entrare  nella  sua testa  e rimetterne in sesto il meccanismo. Ma  forse  potrò suggerirle come, da solo,  lei potrà aiutare sé  stesso.  Anzitutto  non vada in giro con la schiena  curva in quel modo : cammini a testa alta. In secondo luogo, non disprezzi la sua professione. Nella nostra società i venditori  sono come  i cuscinetti a sfere sui quali si muove l’industria;  se non fosse per loro, l’ intero sistema  economico  si arrenderebbe. Infine, perché  non la smette di considerarsi un verme e non prova   invece  a ricordare  che è creatura di Dio? Lei è suo figlio. E se è vero, come è vero, che lei  è importante per il Signore, chi le dà il diritto  di andare in giro proclamando  di non essere nessuno?”

Continuammo a parlare  ancora per qualche tempo. Poi l’uomo  mi ringraziò  e  se ne andò, assorto nei suoi pensieri.  Spero che abbia imparato, o  almeno  incominciato a imparare, l’ importanza di non mettersi in stato di accusa.

8.     Non tarparsi le ali creandosi alibi.

Questo è tipico  delle  persone  che non sanno dare un senso alla propria esistenza. Non fanno che ripetere: “Non è il momento”  o “Non  ho le qualità necessarie”. Oppure  ricorrono ai  “se” :    “Se avessi più soldi, se fossi più colto…, se non fossi così legato…”   Gli alibi  continuano all’ infinito e non servono  che a rafforzare  le tre caratteristiche  negative  ricordate all’inizio:  Inerzia,  mancanza di volontà, sfiducia in se stessi.  Per diventare una persona che sa dare un senso alla propria vita bisogna bandire  le idee che tendono  in  un modo o nell’ altro  a limitarci.    “Non  credo nelle circostanze” disse   George   Bernard Shaw una volta. “Le persone  che fanno strada sono quelle che vanno in cerca delle circostanze   di cui  hanno bisogno e che, se non le trovano, se le creano.”

Platone ebbe a dire  che una vita senza autocritica  non è degna di essere vissuta. Questo  è vero oggi  come era vero  23 secoli fa.  Perciò sottoponiamo  a un esame  la nostra vita. E se scopriamo  che è priva di senso, decidiamo a darglielo.

Cominciamo oggi stesso.

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