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Dott. Mario Di Nunzio

La timidezza

19 Giugno 2009 di Dott. Mario Di Nunzio 2 commenti

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LA TIMIDEZZA

By Dott.  Di Nunzio  Mario

La timidezza è una forma di ansia ‘sociale’ , generalizzata a molte situazioni.E’ un disagio o inibizione  nelle situazioni interpersonali che interferisce  al raggiungimento dei propri obiettivi  interpersonali e professionali.

Una tendenza  profonda a stare in disparte .

La Timidezza è una

-una inibizione del  comportamento;

–  un’ impossibilità  al comportamento;

– non sapere come comportarsi e paura di  emettere qualsiasi comportamento

– paura  di essere esposti al giudizio degli altri  e  non sentirsi accettato

-paura delle critiche

-esitazione   nel  fare delle scelte autonome  per  timore  di rimproveri.

Come conseguenza di queste difficoltà sociali si ha:

1.    Comportamenti di evitamento nelle situazioni sociali e lavorative in cui è implicato un contatto interpersonale significativo;

2.    Inibizioni  nelle relazioni intime per timore di essere umiliato o ridicolizzato;

Preoccupazione di  venire criticato o rifiutato in situazioni sociali;
Sensazione di essere socialmente inetto e incapace.

La timidezza   si manifesta secondo quattro livelli di azioni:

1.  Comportamento:   inibizione,passività,rigidità fisica,balbettio, nervosismo, evitamento dello sguardo;

2.    Reazione fisiologica : rossori, tremori, tachicardie,vertigini, sudori,senso di irrealtà, timore di perdere il controllo);

3.   Convinzioni : pensieri negativi  su di sé, timore dei giudizi  negativi da parte degli altri, ruminazioni,perfezionismo, atteggiamento caratterizzato dall’attribuzione dei propri insuccessi a cause interne a loro stessi: ogni volta che si verifica un fallimento  il timido  si condanna, si critica ferocemente e finisce con l’attribuirsi delle auto-valutazioni  negative stabili nel tempo;  bassa autostima ;

4.    Emozioni:  imbarazzo, vergogna, tristezza,solitudine, depressione, ansia.

Paradossalmente, uno psicologo e  un ingegnere del comportamento, che vorrebbe   progettare e realizzare   un comportamento di  timidezza dovrebbe:

-punire   sempre e   dare punizioni  in modo imprevedibile e  senza senso, in modo da togliere al soggetto qualsiasi certezza.

-le punizioni devono essere  date in modo da procurare ansia, molta incertezza,   in modo da  installare insicurezza.

-creare dipendenza  affettiva.

-punire   tutti i tentativi di iniziativa.

-prendere in giro continuamente sia  se il soggetto fa bene , sia se fa male.

-l’ ingegnere di questo folle comportamento non deve  incoraggiare mai, ma rimproverare sempre.

-il soggetto deve   disapprovarsi e condannarsi da solo, dopo ogni contatto pubblico.

-non deve  mai provare soddisfazione delle  cose che dice.

-deve assicurarsi che il soggetto  sia a disagio perchè non sa mai  cosa dire.

-che sia  a disagio  per  come si comport;

-che non sia   mai contento  del suo aspetto fisico;

-assicurarsi che si senta sempre a disagio e  fuori luogo

-assicurarsi  che  non si senta mai accettato  e, possibilmente, emarginato e rifiutato.

Queste sono le cause psicologiche della timidezza;  vale il contrario  per non far cadere in questa trappola.
Origini della Timidezza

Le cause della   timidezza sono sconosciute. Sono state fatte diverse ipotesi, ma non  ancora si è arrivati  ad una conclusione accettata unanimamente.

E’ stata, però, individuata  una predisposizione genetica e  familiarità:  genitori  timidi, poco comunicativi o inibiti   è molto probabile che trasmettono tali problemi ai figli.

E’ stata riscontrata una relazione tra le scarse abilità psicosociali e alcune caratteristiche del temperamento: l’umore nero, l’elevata intensità delle reazioni e la scarsa adattabilità.

Secondo alcune ricerche è stato trovato che la timidezza  sembra essere  un sintomo della fobia sociale  o una caratteristica  del carattere introverso, anche se   non sempre in  un carattere introverso     è presente timidezza.

Molto spesso  causa  di timidezza sono stati i  fattori ambientali ed educativi. Le inabilità  educative e familiari, le critiche frequenti, un ambiente  stressante  a scuola, le difficoltà relazionali con i genitori  sono  causa di difficoltà sociali .

Si è visto  anche che bambini che abitano  in ambienti isolati, come in casolari di campagna o nelle periferie dei centri abitati, ossia in ambienti poveri di  relazioni sociali,  hanno  difficoltà di  inserimento  nei gruppi scolastici o sociali, per carenza di sviluppo di abilità sociali. Si sentono tagliati fuori  anche perché avendo poche  conoscenze o amicizie, manca loro il tramite,  o l’ amico,per  l’ inserimento nel gruppo.

Come buona  pratica  educativa, un insegnante che ha in classe un bambino  timido e isolato,  che preferisce banchi  periferici o gli ultimi posti ,  anziché  “forzarlo  o accusarlo di vigliaccheria” può collocarlo  in banchi  strategici , verso i  primi posti, “ al centro o lungo le vie della comunicazione”. I  bambini più abili socialmente possono,  invece, occupare  posti  periferici, perché la loro comunicativa coinvolgerà anche il bambino timido.

L’atteggiamento degli insegnanti e dei  genitori   che appare migliore sembra essere supportivo ma non iperprotettivo,  in modo da incoraggiare  l’approccio di nuove situazioni e comportamenti.

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Archiviato in:Psicologia, Timidezza, Ansia Sociale

Le fobie

18 Giugno 2009 di Dott. Mario Di Nunzio Lascia un commento

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Le  fobie

Praticamente ogni essere umano ha delle avversioni  – o scarsa tolleranza – per specifici oggetti o situazioni. C’è chi non ama i luoghi affollati e la confusione, chi non si sente a suo agio nei luoghi chiusi o a grandi altezze, c’è chi preferisce non trovarsi nella situazione di parlare in pubblico, chi è infastidito dagli insetti, o dall’idea che vi siano topi o serpenti.

Quando qualcuna di queste avversioni diventa un vero e proprio spavento che spinge ad evitare in tutti i modi di venire a contatto con quegli specifici oggetti o situazioni, si parla di fobia.

Le caratteristiche fondamentali delle fobie sono:

1. Ansia anticipatoria di oggetti o situazioni specifiche.

2. Evitamento di tali oggetti o situazioni.

3. Intensa ansia, fino ad un Attacco di Panico, in caso di esposizione a tali oggetti o situazioni specifiche.

4. Interferenza significativa con la propria vita, fino ad una condizione di vera e propria impossibilità a condurre una vita normale.

Gli adulti si rendono conto generalmente che la paura rispetto a questi oggetti o situazioni è irrealistica o francamente esagerata. Invece, i bambini tendono a trovare delle giustificazioni “razionali” alle loro fobie.

Le fobie più note sono correlate ad animali (cani, gatti, topi, serpenti, insetti), all’ambiente naturale (altezze, mare), sensazioni fisiche (postura, dolori, fastidi), ai traumi fisici (sangue, iniezioni), situazioni specifiche (spazi aperti o , come le strade, le piazze, l’autostrada, la guida in automobile,es.: l’agorafobia), spazi chiusi o claustrofobia come l’ascensore, il traffico, la folla), l’esposizione in pubblico o Fobia Sociale come parlare in pubblico, confrontarsi con gli altri, fare esami, colloqui di lavoro, partecipare a riunioni, etc.).

Quando una persona fobica viene esposta alla condizione temuta, si manifesta ansia. Un soggetto  fobico tende pertanto ad evitare l’oggetto della fobia. Naturalmente la gravità della situazione è determinata non solo dal grado di ansia generata in caso di esposizione, ma anche dal tipo di fobia.

In città, ad esempio, la fobia dei serpenti è molto meno invalidante della fobia del traffico!

E’ frequente osservare che le fobie si sviluppino in seguito ad esperienze traumatiche (singole o ripetute) di contatto con l’oggetto o con la situazione. Tipiche sono le fobie di animali, spesso correlate ad esperienze traumatiche.

Altre volte, invece, non è dato rintracciare specifiche esperienze traumatiche, ma una sorta di “trasmissione” familiare della fobia, oppure una vera e propria simbolizzazione, tramite l’oggetto fobico, di paure personali relative ad esperienze precoci.

Interventi clinici sulle fobie

I disturbi d’Ansia sono tra quelli maggiormente responsivi ad una terapia psicologica di breve durata.

Uno degli errori più comuni è nel trattamento classico delle Fobie è costituito dal tentativo di risalire alla causa del medesimo onde interpretare il contenuto del processo Fobico .

E’ indiscutibile che esistono centinaia di possibili fobie specifiche legate a particolari oggetti o contesti ma il processo di base che ne determina la formazione e il mantenimento è sempre univoco. Circoscrivere l’oggetto fobico può servire allo psicologo solo ed esclusivamente per pianificare la direzione dell’intervento terapeutico, qualsiasi speculazione sui contenuti della Fobia è priva di efficacia clinica.

Dal momento che tutte le Fobie sono mantenute da un processo ridondante e disfunzionale di Ansia Anticipatoria e Evitamento Fobico, il trattamento mira a scardinare questi aspetti mediante l’uso di semplici prescrizioni ed esercizi: i tempi di intervento sono estremamente rapidi e garantiscono la remissione totale del sintomo anche se persistente da molto tempo (la “cronicità” del disturbo non è un indice della gravità del problema la cui modalità di organizzazione è sempre la medesima).

Come  fare per  affontare le fobie:   Non Arrendersi, non evitarle, in primis  leggi e segui gli esercizi riportati in :
Per vincere l’ansia
Poi, se necessario, vai da un terapeuta che ti aiuterà a risolvere il problema

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